Il falso mito della governabilità

Gli ultimi avvenimenti

La caduta del Governo Draghi e l’indizione di nuove elezioni ha riportato in auge un tema molto caldo, quello della governabilità. Di tanto in tanto si sente parlare di questo termine come di una necessità. Nella storia repubblicana i governi che si sono succeduti negli anni sono durati poco dalla loro formazione, nessuno è mai riuscito a finire una legislatura. Ma questo è necessariamente una cosa grave?

Immagine by Flickr

L’instabilità dei governi che sono sottoposti ad un controllo del Parlamento, dipende più che da cause interne; da fattori che sono strettamente legati ai partiti politici. Con l’inseguimento di una forma di Governo che non è propria del nostro sistema si rischierebbe di creare ulteriori storture a discapito della democrazia e della rappresentatività.

In vista delle nuove elezioni proviamo a capire perchè provengono richieste di governabilità, qual è l’attuale assetto politico e perché è così fortemente collegato alle leggi elettorali.

La richiesta di governabilità

La richiesta di governabilità sembrerebbe provenire da tutte le aree politiche perchè risolverebbe i problemi concreti e platealmente visibili e conosciuti da tutti.

L’idea di fondo è molto semplice: permettere ai cittadini di scegliere chiaramente il proprio Governo; inoltre tale Governo per essere efficiente ed efficace deve essere stabile e duraturo. Questo garantirebbe un diritto/dovere all’Esecutivo di governare dopo aver “vinto” le elezioni.

Tale meccanismo sarebbe una garanzia per i cittadini perché così potrebbero valutare l’operato del Governo, direttamente responsabile delle proprie azioni.

Immagine by Flickr

Mancando questi presupposti, sembrerebbe impossibile attuare per un Governo delle riforme nel medio e lungo periodo.

A ben guardare però e analizzando la situazione reale, il nostro sistema politico è già incentrato sul Governo. Esso ha a disposizione tutti gli strumenti per poter esercitare la propria funzione.

Si veda il largo uso e abuso di decreti legge, decreti legislativi, maxiemendamenti, questioni di fiducia e utilizzo di regolamenti per colmare le lacune normative. Appare quindi poco sensato il discorso di governabilità, almeno per quanto riguarda il dispiegamento dell’azione di Governo; che è pienamente attuato e attuabile dalle forze politiche in gioco.

Tentativi e volontà

Storicamente uno dei maggiori tentativi di dare governabilità è stato quello di riformare il sistema elettorale, già dagli anni ’90 con l’introduzione di un sistema maggioritario. L’obiettivo era quello di creare un bipolarismo con una cosiddetta democrazia maggioritaria; volta a dare una maggiore stabilità e un maggior potere al Governo e al “Premier”.

La tendenza è quella di creare una storpiatura, modificare la forma di Governo, non passando attraverso una riforma costituzionale, ma utilizzando una legge elettorale, strumentalizzandola con lo scopo di incidere sul Governo. In questa ottica sembrerebbe che la nostra Repubblica Parlamentare venga messa in discussione. Un luogo dove è centrale il ruolo del Parlamento che ha un rapporto continuo con il Governo; dove vige una netta separazione dei tre poteri fondamentali dello Stato (legislativo, esecutivo, giudiziario), sembrerebbe che si voglia e si debba prediligere invece il ruolo del governo, più utile, più centrale e più concreto.

Immagine by wikimedia

In sintesi governabilità viene intesa come necessità di avere un esecutivo stabile, forte, che ha una ampia maggioranza in Parlamento; che duri per almeno 5 anni come una legislatura e soprattutto in grado di portare a termine il proprio programma presentato ai cittadini.

La legge elettorale

Le leggi elettorali influenzano sia l’assetto politico del paese, sia il futuro Governo e la sua stabilità. Questo avviene perché in base alla tipologia di legge elettorale, maggioritaria, proporzionale, mista, con premio di maggioranza ecc, si influenza la formazione dei partiti, delle alleanze, coalizioni.

Ricordo che in Italia si eleggono i parlamentari e sarà poi il parlamento a dare fiducia al Governo, non esiste un obbligo di rispettare le alleanze pre voto ed esiste una piena libertà di scelta del parlamentare di aderire ad altri gruppi diverso da quello con cui è stato eletto. Questo significa che non esiste un vincitore alle elezioni, indirettamente potremmo dire che vince chi riuscirà poi a formare un Governo. Non è quindi la lista che ottiene più voti (relativi) a formare il Governo, né tanto meno è possibile eleggere il Presidente del Consiglio in maniera diretta. Il Governo è nominato dal Presidente della Repubblica che sulla base delle consultazioni designerà le persone che hanno la probabilità maggiore di ottenere la fiducia dal Parlamento.

Il Rosatellum

Attualmente vige da noi il cosiddetto Rosatellum bis, una legge elettorale mista che attribuisce il 37% dei seggi su base maggioritaria e la restante parte su base proporzionale. È possibile formare delle coalizioni, cioè alcuni partiti si possono mettere d’accordo e candidare assieme una persona comune nei collegi uninominali. Vi è poi una soglia di sbarramento del 3% per i partiti e del 10% per le coalizioni, all’interno di queste contribuiscono solo i partiti che hanno raggiunto almeno 1% dei voti. Nei collegi uninominali vince il candidato che ottenuto più voti, nei collegi plurinominali ci sono dei listini bloccati.  La ripartizione dei seggi avviene su base nazionale per la Camera e su base regionale al Senato.

Immagine by wikimedia

Se osserviamo bene il Rosatellum bis, vediamo come questo abbia fortemente influenzato le alleanze politiche che ad oggi si sono formate. È chiaro che si tratti di un sistema che favorisce la coalizione, più che la singola lista, siccome per eleggere il maggior numero possibile di candidati nei collegi uninominali si avrà bisogno di quanti più voti possibili. Da un lato infatti abbiamo la coalizione favorita del centrodestra formata principalmente da Lega, Fratelli di’Italia e Forza Italia e dall’altra abbiamo il centrosinistra formata principalmente dal Partito Democratico, + Europa e Sinistra con i Verdi. Abbiamo poi il cosiddetto terzo polo, formato essenzialmente da Azione e Italia Viva, di ispirazione liberale e infine il Movimento 5 Stelle. Esistono poi una serie di partiti minori, che secondo i sondaggi, ad oggi non riuscirebbero ad ottenere il 3% utile per superare la soglia di sbarramento.

Lo scenario partitico

La situazione partitica attuale è palesemente figlia della legge elettorale. Abbiamo da un lato la destra coesa cerca di fare “asso pigliatutto” dei collegi uninominali restando compatta. Il centrosinistra in svantaggio cerca di rincorrere alleandosi con ogni possibile forza in grado di fargli ottenere voti  per aggiudicarsi dei collegi uninominali.

Il terzo polo invece non sarà propriamente in coalizione, ma si presenterà come lista unica, mettendo nel proprio simbolo quello dei due partiti fondatori Azione e Italia Viva, questo per evitare di dover raggiungere lo sbarramento del 10% previsto per le coalizioni. Gli basterà superare la soglia del 3%.

In questo scenario, credo che sia abbastanza coraggioso parlare di governabilità, in assenza di una vera maturità dei partiti; più propensi ad attaccarsi l’un l’altro; a formare continuamente piccole realtà radunate attorno a singoli leader con l’idea di ottenere un seggio in Parlamento, più che parlare di programmi, idee, e concretezza.

L’uomo solo e forte

Collegato al sentimento della governabilità c’è quello della scelta del Presidente del Consiglio. È ormai da tempo che assistiamo a una richiesta da parte delle forze politiche e dell’elettorato. Si ricerca un uomo forte, capace di prendere in mano la situazione e con lungimiranza e bravura; dotato di pieni poteri, possa in qualche modo risolvere tutti i problemi

Ci aveva provato Salvini nel 2019 con il “governo del Papete“, il governo più balneare di tutti; ci aveva provato Conte in pandemia sfornando DPCM a ripetizione, e in molti avevano identificato Draghi come salvatore.

Immagine by wikimedia

Appare però evidente che non può esistere un Leviatano che assumendosi tutti i poteri e tutte le responsabilità possa in qualche modo risollevare le sorti del nostro paese. Torna nuovamente il principio che sta alla base della Governabilità, ovvero l’elettore che vuole scegliere una figura che si prenda delle responsabilità e che eventualmente possa essere direttamente giudicato per il suo operato.

Non è però il presunto Leviatano che deve intervenire per risolvere dei problemi. L’Italia è una democrazia, una Repubblica Parlamentare e il Presidente del Consiglio è un coordinatore di un gruppo che deve rendere conto al Parlamento. È quindi la pluralità ad essere centrale per noi, senza che necessariamente si scivoli in Presidenzialismi o Semipresidenzalismi in stile USA, Francia o Russia. In Italia, in casi previsti, esistono strumenti più che idonei a disposizione del Governo per attuare il proprio indirizzo politico in maniera anche veloce e concreta.

Piuttosto che la ricerca dell’uomo forte che ci salverà tutti, sarebbe forse il caso di sperare nella ricerca di buon senso e di utilizzo degli strumenti costituzionali e legislativi idonei da parte dei partiti politici. Nella ricerca di riforme strutturali e durature, piuttosto che di mancette e proclami per accontentare i propri elettori.

Attaccare l’inattaccabile

Assistiamo oggi più che mai ad una maggiore richiesta di governabilità da parte dei partiti e dell’elettorato. Ma come abbiamo visto la questione di governabilità è un falso mito. La nostra è una Repubblica Parlamentare, centrale è il ruolo del Parlamento e non del Governo. Vengono eletti i nostri rappresentanti che decideranno a chi dare la fiducia per il sostegno del Governo in un rapporto continuo; durante la vita della Legislatura possono esserci dei momenti in cui questa può venire meno per svariate ragioni, ciò non significa che si debba necessariamente avere anche uno scioglimento delle Camere, vista solo come extrema ratio.

La richiesta di elezioni non si basa sui sondaggi, altrimenti per assurdo dovremmo votare ogni 3 o quattro mesi a seconda dell’umore dell’elettorato, influenzato dai social network.

Il problema è da ricercarsi nell’assunzione continua di maggior potere da parte del Governo con un uso smodato di decreti legge e decreti legislativi, delegificazioni che portano a un maggior utilizzo di regolamenti governativi; maxiemendamenti, che trasformato di fatto il Governo nell’organo legislativo, creando una stortura del sistema che è volta all’eliminazione di fatto del Parlamento

Ed è per tutto questo che governabilità significa capacità di governare e questa è una cosa che dipende dalle abilità degli operatori in gioco e non dai numeri, la stabilità politica dipende dai partiti che sono dentro e fuori dal Parlamento il motore con cui si muove l’intero apparato politico del Paese.

Una proposta

Siccome è sempre facile criticare qualcosa, in questa ultima parte vorrei poratre alcune riflessioni e una proposta un po’ più concreta.

Senza la necessità di cambiare la forma di Governo modificandola in una forma Presidenziale, e nemmeno toccando il bicameralismo perfetto. Restando in linea su quanto detto in precedenza: le formazioni politiche sono influenzate dalla legge elettorale e la governabilità dipende proprio dai partiti. Credo che si debba ripartire da un loro cambiamento.

Proporzionale, sbarramento e preferenze

Il sistema proporzionale puro con una soglia di sbarramento alta, ipotizzata nella misura del 5%, potrebbe essere un punto di partenza. In questo modo, non ci sarebbe spazio per le coalizioni, ma si favorirebbe la formazione di liste uniche. Con una soglia di sbarramento molto alta, entrerebbero in Parlamento solo quelle forze realmente rappresentative e che non sorgono solo in virtù della scissione di un leader.

Al contrario i partiti sarebbero più portati a fare delle alleanze per formare delle liste uniche. Queste sarebbero più salde perché in caso si dovessero scindere farebbero più fatica a superare lo sbarramento. Inoltre ogni lista potrebbe fare campagna elettorale singolarmente e poi nel caso di valori e idee comuni poter formare delle alleanze per il governo successivamente all’entrata in Parlamento. Per garantire poi una maggiore rappresentanza e favorire una maggiore attività da parte del parlamentare, si potrebbero reintrodurre le preferenze. In questo modo ogni candidato dovrebbe andare nel territorio in cui si candida e fare campagna attivamente, diventando maggiormente responsabile politicamente nei confronti dei propri elettori.

In copertina by wikimedia

Sono nato a Brescia nel 1994. Laureato in Giurisprudenza, lavoro in banca, pratico Muay Thai, mi interesso di criminologia, diritto, economia, storia e cinema. Scrivo per diletto, per passione e offrire un punto di vista personale rispetto a quello che ci circonda.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.