Il Professore

Combattere l’ignoranza ispirando le persone

«Non abbiate paura delle domande».
Si presentò così, senza un nome o un saluto, l’anziano professore di letteratura appena entrato in classe: seduto dietro la cattedra, con l’aria tranquilla di chi la conosce da tempo immemore, poteva quasi sembrare un semplice uomo in età da pensione.
Colpiva, di lui, il suo muoversi lento, con gesti semplici e ben calibrati, il suo essere vestito di abiti modesti, di colori spenti eppure capaci di comunicare uno stile e, insieme allo stile, un modo di essere.
Dopo aver sistemato i suoi oggetti, muovendo piano la matita tra le dita, con tono caldo come il suo sguardo, affermò nuovamente: «Non dovete mai avere paura delle domande».
Non si trattava di un’indicazione tecnica per una futura verifica, come ipotizzò una ragazza in prima fila chiedendogli:
«Intende… Delle domande del compito in classe?»
Il professore rispose subito in tono ironico, facendo trapelare soltanto una punta di malizia: «Oh no, di quelle dovete essere terrorizzati».

No, non era quello il senso. Per tutta la lezione, il professore cercò di spiegarci l’importanza delle domande o, meglio, l’importanza del porsi domande sempre e comunque, del mettere in discussione le proprie idee, per conoscere e per conoscersi.

Nel tempo, conobbi e apprezzai sempre di più quell’uomo. Estremamente energico nel parlare, da ogni suo discorso trapelava un’invidiabile conoscenza del mondo e dei suoi volti, eppure il suo non era un sapere ostentato, una saggezza fatta calare dall’alto; era un armonioso modo per condividere la propria esperienza, un modo per dipingere verità intrecciandole di umiltà e cultura. Era un uomo che probabilmente aveva visto il mondo un po’ nei suoi viaggi, un po’ nei suoi libri, e aveva cercato di capirlo sul serio. Come un’instancabile veliero, la sua mente avrebbe navigato sempre a vele spiegate, alla ricerca di nuovi orizzonti, rivestita di volta in volta da qualche ruga in più e da una folta chioma di capelli bianchi e mossi. Quando iniziava ad affrontare gli argomenti che più gli stavano a cuore, nei suoi occhi si accendeva una scintilla, il suo abituale tono calmo si faceva appassionato, affascinava il pubblico costruendo discorsi carichi di sentimento.
Spiegava mimando immaginarie pennellate con le dita, mentre i nostri sguardi incantati non potevano fare a meno di apprezzare quegl’invisibili colori.

Ricordo bene quel giorno. Si era presentato senza preamboli, sostenendo l’importanza di interrogarsi non soltanto sull’ignoto ma anche su ciò che si crede di conoscere già alla perfezione.
 «Sarebbe come fare domande su una persona che esiste dall’altra parte del globo e non farsene mezza sul proprio vicino di casa», sosteneva.
«Dubitate di chi conosce la verità senza averla mai messa alla prova, di chi non ha mai alcuna incertezza, di chi rifiuta a priori un’opinione diversa dalla propria, per non dover aprire la mente ad un nuovo orizzonte! Poniamo che io abbia un’idea, magari anche molto valida: magari sono convinto che sia la migliore da quando l’ho scoperta, ne ho studiate e ristudiate le implicazioni, ma sono pronto a metterla in discussione, sono pronto a cambiarla, a ricredermi, di fronte a qualsiasi persona che argomenti un altro punto di vista, anche nettamente opposto al mio. Diffidate di chi non ha la minima intenzione di cambiare le proprie idee sulle cose».

Parlava, e mentre parlava costruiva il disegno di un mondo nuovo, ora chiaro anche a me.

Quel giorno ci folgorò con quella nota di pensiero, era particolarmente infervorato nel condannare i vizi per colpa dei quali le persone rischiano di non vivere appieno la loro esistenza. Non so se pensasse a qualcuno in particolare, ma quasi con disprezzo, un po’ con dispiacere: «Credo proprio che l’ignoranza sia sottovalutata, dovrebbe fare più paura. Ed è definita male! La vera ignoranza non sta nel non sapere, ma nell’evitare di cercare risposte, di capire più a fondo ciò che si conosce appena, di scoprire qualcosa di nuovo persino riguardo all’argomento di cui siamo più esperti. Sta nel non guardare oltre, nel rinunciare ad essere curiosi. Alzate più spesso la mano, ragazzi, non lo ripeterò mai abbastanza».

Sottolineava spesso l’importanza della critica, la critica serve alla società, diceva, ma dev’essere una critica che precede un’alternativa, una speranza di cambiamento, un’ideale vero: una critica dev’essere volta al miglioramento, non fine a se stessa, altrimenti è solo un modo per fomentare odio, cattiveria e nulla più.
«Le critiche che nascono dall’invidia si trasformano in disprezzo incondizionato. Occorre avere il coraggio di costruire, di non limitarsi a distruggere».

Parlando si emozionava, metteva in ogni sillaba tutta la passione di cui era capace.
«La realtà è fuori da questi muri, è fra le righe dei libri che leggete, nelle foto scattate, nelle storie delle persone, in ciò che vedete e ciò che sentite, ma il modo in cui decidete di vivere ogni istante lo scegliete voi e vi assicuro che vivere nel mondo senza conoscerlo è la peggiore cosa. Tenete alla larga i preconcetti, i luoghi comuni, l’ignoranza, la paura. Quante volte la paura ferma l’uomo? La paura del diverso, dell’ignoto, la paura di cambiare, sia se stessi che ciò in cui si crede. Non giudicate mai prima di conoscere, ma raccogliete tutte le possibilità che avete per formarvi un’opinione che sia vostra, costruita mattone per mattone, non fatevi frenare dalla stanchezza, dal veleno della rassegnazione, dalla paura del non capire, non fermatevi mai ad una prima impressione o ad una prima risposta».

Era un treno lanciato in piena corsa; metteva tutto se stesso in quegli avvertimenti, sembrava ne dipendesse la sua vita, mentre forse da essi dipendeva ben di più.

Dopo una pausa, in cui il Professore assaporò gli sguardi deliziati di una classe ormai ammaliata, con più calma ma uguale intensità scoccò un’ultima freccia, dritta e precisa:
«Non tutto ciò che c’è là fuori è bello, non tutte le esperienze che potrete fare saranno positive e sicuramente avrete motivi per chiudere gli occhi, il cuore e la mente, posso dirvelo per esperienza, non crediate che esistano persone che non hanno mai provato un dolore, tutti soffrono e il vostro dolore non è meno importante di quello di chiunque altro, né sbagliato né incomprensibile per chi vuole conoscerlo. Quel dolore, tuttavia, quel brutto che scoprirete, quei muri che vi potrete trovare davanti non vi dovranno fermare e non devono spegnere quel fuoco già presente in ognuno di voi, io lo sto solo rintuzzando ma è già accesso, lì nella vostra anima, dovete solo continuare ad alimentarlo con la voglia di non fermarvi a ciò che vedete ma di andare oltre, di aprirvi a tutto, dev’essere così per voi, ragazzi! Voi siete il futuro, ma prima di tutto siete il presente del mondo, spogliatelo dei suoi colori e inventatene di nuovi, leggete e scrivete i sogni della gente, confrontatevi con il diverso tenendo sempre gli occhi aperti e la mente affamata di conoscenza, impegnatevi nel capire e nel domandare, sempre, finché avrete fiato».
Concluse così, con un mezzo sorriso e gli occhi pieni di speranza, per poi uscire dall’aula ma non dalla mia mente. Aveva fatto breccia nel cuore di tutti: e tutt’oggi, benché ormai non ci sia più, mi piace ricordarlo pensandolo ancora dietro alla cattedra a travolgere generazioni di studenti con ondate di luminosa passione.

Photo by Artem Maltsev on Unsplash

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Sono uno studente di Beni Culturali di Verona, mi piace viaggiare sia nella vita reale che attraverso i libri, sempre con la voglia di imparare qualcosa di nuovo. Cerco di esprimere come posso quello che penso e che sento attraverso la scrittura, a volte attraverso l'ironia.

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