JeBel: dalla penna di Tenco al sound di John Mayer

Abbiamo intervistato il cantante emergente JeBel in occasione dell’uscita del nuovo singolo Vienna

JeBel, classe ’97. Nato a Catania, vive gli anni universitari tra Roma e Milano; questo gli permette di crescere e approfondire il suo bagaglio artistico attraverso gli incontri nellunderground musicale delle metropoli.

Scrive e canta fin da piccolo.

Mischia le sonorità pop e urban in liriche autobiografiche, avvicinandosi molto al mondo R&B. All’attivo conta due singoli usciti sulle piattaforme di streaming musicali, il primo Come Fai ha totalizzato più di 26k streaming su Spotify, mentre il più recente Vienna, targata con l’etichetta della casa discografica genovese Pioggia Rossa Dischi, si appresta a scalare la classifica anima R&B della piattaforma svedese e newmusicdaily di Applemuisic.

“Volevi fossimo amici

E fare gli amici poi non ci basta

Fare gli amici è come una farsa

A fare i nemici ci prende l’ansia

Che lo sappiamo che poi ci ammazza”

JeBel-Vienna
Credits: JeBel Instagram
Jebel, ti presenti come progetto solista e decidi di approdare nel panorama musicale con due pezzi: Come Fai e il più recente Vienna; perché la scelta di uscire con questi due brani?

Quando immagino il mio percorso artistico, lo visualizzo come qualcosa di sfaccettato, pieno di deviazioni. Questo perché il mio modo di fare musica è sempre stato caratterizzato dalle influenze, spesso anche molto diverse tra loro. Abbiamo pensato che Come fai e Vienna, data la loro matrice “pop”, fossero i pezzi giusti per penetrare il mercato in maniera efficace, ma non vedo l’ora di fare ascoltare anche le mie altre anime.  

Il primo singolo che hai rilasciato, Come Fai, sta riscuotendo un ottimo successo; ti aspettavi questo riscontro da parte del pubblico all’esordio?

Assolutamente no. Tutti speriamo di avere successo quando facciamo qualcosa, ma in generale, non sono bravo ad essere ottimista nelle robe che mi riguardano. Il giorno prima che uscisse Come Fai, parlando con la mia squadra, cercavo di preparami psicologicamente ad un risultato che immaginavo avrebbe “deluso le mie ambizioni”. Poi è arrivata la mezzanotte, e mentre leggevo i primi feedback, ricevo una chiamata di Rachid che mi dice “hai controllato Spotify? Siamo entrati in Anima R&B. Siamo in playlist zio…”.
Lì mi è scappata una risata; credevo mi stesse prendendo in giro.

In quest’ultimo brano ti descrivi come un solitario con la testa altrove; è davvero così?

Una parte di me lo è. Ho avuto la fortuna di essere sempre stato attorniato da amici e familiari che mi amavano e mi supportavano, e questa cosa spesso va in contrasto con la parte cinica e solitaria di me, che a volte ha bisogno di un po’ di solitudine e di tristezza. Non sono una persona facile da avere nella propria vita, chi ormai mi conosce davvero ha imparato, non so come e con quale forza, ad accettare e gestire questo mio lato.

In una recente intervista rilasciata per Radio Zammù hai parlato del concetto di “educare la creatività” dato che adesso, facendo parte di un’etichetta discografica, il tuo lavoro influenza quello dei tuoi collaboratori; questo ha cambiato il tuo modo ricercare stimoli creativi e l’approccio alla scrittura?

In parte l’ha fatto. Quando la tua musica si traduce in un progetto professionale, con collaboratori che lavorano per te e con te, significa che hai delle responsabilità. Non puoi più permetterti di farlo “solo quando hai voglia”; diventa un lavoro a tutti gli effetti, anche se bellissimo. Con questo voglio dire che bisogna sminuire l’ispirazione o la spontaneità del processo creativo; io per primo non riesco a forzarmi nella scrittura. Ho quindi dovuto “educare la mia creatività”, ovvero allenarmi per riuscire a “replicare” quegli stimoli creativi che mi portavano ispirazione, e che prima riuscivo a percepire solo in condizioni specifiche, e proiettarle anche in contesti o momenti meno “intimi”.

Data l’impronta nostalgica dei tuoi testi qual è il valore che il ricordo occupa nella tua vita? Ti capita spesso di rimuginare su eventi del tuo passato o senti che dimenticare sia il modo migliore per sopravvivere?

Sono una persona estremamente riflessiva, e per riflettere ho bisogno di ricordi da ripercorrere. In realtà credo che il ricordo sia un elemento essenziale, nella mia vita così come in quella di chiunque. La percezione che abbiamo del passato influenza continuamente il modo in cui plasmiamo il nostro presente. Penso però che il ricordo vada elaborato perché non diventi una “zavorra”. Non è giusto né funzionale dimenticare, ma è sano trattare i ricordi come quello che sono: fotogrammi di un passato che è esistito, ma che adesso non esiste. Per quanto difficile, non dobbiamo lasciare che il passato segni in maniera immutabile il nostro futuro; per avere nuovi ricordi in futuro, bisogna vivere nel presente, non nel passato.

I tuoi brani richiamano molto sonorità POP ed R&B seppur tu dia ampio spazio a liriche autobiografiche, c’è qualche artista italiano o estero che ti ha influenzato particolarmente?

I miei ascolti sono sempre stati molto eterogenei; quindi, è difficile per me riconoscere delle reference fisse e costanti. Al momento mi lascio spesso ispirare dal sound di Justin Bieber e John Mayer, dalla profondità autorale di Luigi Tenco, e dall’attitude di Johnny Marsiglia.

Sei supportato dall’etichetta genovese Pioggia Rossa Dischi che vanta all’attivo altri giovani emergenti ed è sicuramente un salto di qualità per chi decide come te di intraprendere la carriera di artista; quanto è importante per te essere seguito e guidato da una casa di produzione?

Ora più che mai, credo che il mercato musicale sia un settore estremamente competitivo ed esigente. Un artista non può più pretendere di fare tutto da solo, e avere una squadra di persone che crede i te e nel tuo progetto ed è pronta ad investirci è davvero una fortuna; soprattutto quando all’intesa professionale si aggiunge quella personale. Pioggia Rossa Dischi, così come le persone che la compongono, è una realtà ambiziosa e in crescita, proprio come lo sono io; per questo lavoriamo bene insieme.   

Vienna, il tuo nuovo singolo rilasciato il 3 Giugno su tutte le principali piattaforme di streaming musicali, è un pezzo dalla lirica molto intima e che grazie alla sua strumentale scivola leggera in cuffia e rievoca ricordi nostalgici da riascoltare volentieri; scrivere questo testo é stato doloroso e liberatorio?

Vienna, come spesso faccio, è un pezzo down mascherato da pezzo up. Nonostante il sound sia dinamico e colorato, il testo ha evidentemente un tratto malinconico, e questo perché, come tutti i testi che scrivo, parla di un pezzo della mia vita che avevo bisogno di elaborare e trasformare. Onestamente non credo di aver mai provato “dolore” nello scrivere un testo, anche quando il dolore era ciò di cui stavo scrivendo. Per me la scrittura è una catarsi; è la valvola di sfogo delle mie sensazioni. Credo che il dolore, la tristezza e la nostalgia siano delle costanti della mia esistenza artistica, ma stranamente vanno in stand by quando è il momento di mettere inchiostro su foglio.

l’ultimo singolo di JeBel
Infine, sognando e che sia di buon auspicio; se dovessi scegliere un artista con il quale fare un featuring con chi collaboreresti?

In Italia direi Caparezza; stimo la sua penna tanto quanto stimo il suo atteggiamento e la sua personalità. Se dovessi travalicare i confini nazionali, farei carte false per un featuring con Anderson Paak, definitely.

Immagine di copertina: JeBel Instagram

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