Lo zoo di vetro

Un dramma di fragilità umane e sogni spezzati

«Io sono, nel dramma, un narratore e anche un personaggio. Gli altri personaggi sono mia madre, Amanda, mia sorella, Laura, e un signore che viene in visita nelle scene finali. Quest’ultimo è il personaggio più realistico della commedia, in quanto è un emissario del mondo della realtà dal quale eravamo in un certo modo separati.»

Con queste parole Tom Wingfield, poeta senza futuro che lavora in un magazzino ci mette in guardia, avvisandoci che gli avvenimenti del dramma, sono un ricordo.Il dramma in questione è Lo zoo di vetro di Tennessee Williams –  pseudonimo di Thomas Lanier Williams –  drammaturgo, scrittore, sceneggiatore e poeta statunitense. Egli probabilmente è più conosciuto per un’altra suo dramma, Un tram che si chiama Desiderio, che nel 1951 raggiunge il successo grazie alla trasposizione cinematografica di Elia Kazan, che vedeva Marlon Brando e Vivien Leigh nel ruolo di protagonisti. Ma in verità è Lo zoo di vetro a essere il suo primo grande successo.

Opera teatrale in due atti composta nel 1944, la trama riprende il mondo già delineato in un racconto che l’autore stesso scrisse nel 1934 dal titolo Ritratto di una ragazza di vetro. Come già detto, protagonista e narratore della storia è Tom, il tipico sognatore – che vorrebbe vivere avventure fantastiche e realizzare i suoi desideri – costretto a mantenere e prendersi cura della madre Amanda, una donna che vive di ricordi della sua gioventù in cui era amata e corteggiata da tutti, e sua sorella Laura, di una timidezza estrema e chiusa nel suo mondo, causa anche una malattia che l’ha resa zoppa.

Siamo alla fine degli anni ‘30 e Tom conduce una vita noiosa e banale che, unita alla forte presenza della madre, lo rende sofferente e insoddisfatto. Pensa che l’unico ostacolo che lo frappone dal vivere la vita che desidera sia la sua famiglia, la sua personale gabbia di metallo. L’unico conforto è il cinematografo che frequenta a ogni ora della notte. Amanda è preoccupata per lui, ma soprattutto per Laura che se ne sta tutto il tempo ad ascoltare dischi, leggere e accudire una collezione di animaletti di vetro. Le sue preoccupazioni si ingigantiscono quando scopre che la figlia ha lasciato il corso di segretaria che stava seguendo. La donna perciò diventa ossessionata dall’idea di trovarle un marito che le garantisca un futuro sereno e dignitoso, arrivando a superare perfino gli standard sopra le righe dell’eccentrica signora Bennet di Jane Austen. Così la madre chiede a Tom di occuparsene, di trovare qualcuno per la giovane.

Per liberarsi dalla petulanza di sua madre, il giovane invita a casa Jim, un amico di vecchia data che lavora con lui alla fabbrica. Ma mentre Amanda si dà da fare perché tutto risulti perfetto, Laura si rende conto che Jim altri non è che un ragazzo per cui ai tempi del liceo aveva una cotta spaventosa.

Oltre al danno, pure la beffa. Durante la cena improvvisamente va via la luce e con uno stratagemma Amanda riesce farli rimanere soli. I due si ritrovano così a parlare al lume di candela e pian piano Jim riesce a vincere la timidezza di Laura, riuscendo perfino a rubarle un ballo e un bacio. Tutto fa presupporre un bel lieto fine. Ma no. Ad arrivare, con la dolcezza di un pugno nello stomaco, è la verità: Jim è impegnato con un’altra donna.

Laura però accetta la sua confessione e gli dona l’unicorno spezzato durante il loro unico ballo, prima di chiudersi in un tragico silenzio mentre Amanda si infuria con Tom ritenendo che il figlio sapesse già del fidanzamento di Jim e volesse solo beffarsi di loro. Il dramma si chiude con il soliloquio di Tom, il quale spiega che se ne era andato di casa e non era più tornato sui suoi passi. Anche se il ricordo di sua madre e sua sorella lo ha tormentato per tutta la vita.

Williams con questa piccola grande opera, ci presenta una famiglia che è incapace di comunicare – una famiglia fragile più del vetro stesso – sullo sfondo di un presente che delude i sogni e le speranze delle persone. Il racconto da cui l’opera è tratta reca forti riferimenti biografici dell’autore. Il protagonista ha il suo stesso nome (che era Thomas), mentre il personaggio di Laura si basa sulla vita di sua sorella Rose, che ebbe un’esistenza difficile a causa di alcuni problemi psichici.

Tema dominante dell’opera è il rapporto col proprio ego: tre su quattro dei personaggi presentati – scontenti della loro vita – agiscono solo per il proprio tornaconto spacciandolo per altruismo o carità. Tom invita a cena Jim per accontentare sua madre; ma in realtà ha architettato tutto per fuggire da una realtà che lo sta soffocando, sperando che Jim prenda il suo posto. Amanda si preoccupa di trovare un buon marito per Laura solo per riscattarsi da un matrimonio fallito e da una giovinezza perduta. E poi c’è Jim, che aiuta Laura a uscire dal suo “guscio” e pare addirittura apprezzarla, ma in verità è già fidanzato e vuole solo pavoneggiarsi della sua bellezza. Ci troviamo così davanti a tre personaggi che vorrebbero fare del bene ma che finiscono per causare più danni del previsto. Danni che ricadono irreparabilmente sul centro di tutte le loro finte attenzioni: la povera Laura, l’unica anima buona, altruista e gentile.

Emblematica al riguardo, è la lunga scena del dialogo finale tra Jim e Laura, pregna di simbolismo: il giovane rompe il corno dell’unicorno di vetro – statuetta preferita di lei – che così diventa un semplice cavallo come tutti gli altri, lo stesso che gli sarà poi regalato dalla ragazza per ricordarsi di lei. Tutto questo allude alla storia stessa di Laura: le premure di Jim sembrano trasformarla per un momento in una ragazza normale a scapito della sua unicità, fatta di fragilità e silenzi assordanti. Ma la brutalità che si nasconde dietro queste premure fa sì che la ragazza si rompa come la statuina. Il fatto che lei gliela regali descrive ciò che lei ha perso con questa disastrosa faccenda e ciò che lui le ha tolto con la sua ipocrisia.

Lo zoo di vetro tanto amato dalla ragazza si dimostra quindi una chiave di lettura. Oltre a essere il mondo interiore di Laura – fatto di fragili illusioni – è anche la sua essenza stessa. Gli animali sono delicati e risultano quasi grossolani alla vista, ma se illuminati rivelano i colori dell’arcobaleno: sono Laura stessa, all’apparenza una ragazza debole e scialba, ma in realtà più umana di tutti gli altri.

«Per carità, non pensi che io non abbia mai niente da fare! Le mie statuine di vetro mi prendono molto tempo. Il vetro ha bisogno di attenzioni.»

(Laura Wingfield)

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Che dire di me? Amo leggere, inventare storie, e perdermi nella sala buia di un cinema. Adoro quel momento magico in cui le luci si spengono e il film si appresta a iniziare. Sono una ragazza cresciuta a pane, sogni e libri; e che puntualmente a fine giornata si ritrova con la mano sporca di inchiostro.

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