Maturità

“Perché devo io, per punire il padre loro, fare male ai miei figli e procurare a me stessa un male più grande?” Euripide

Quando iniziò la maturità, l’unica cosa che provavo era un’immensa stanchezza. Né ansia, né paura, né gioia, solo stanchezza. Affrontai le prove senza troppa preoccupazione, anzi, poco prima dell’inizio degli esami finali uscii anche dal gruppo WhatsApp della classe, per non farmi contagiare dall’angoscia che provavano gli altri. Volevo vivermi quella fine con serenità e concentrazione

Prima prova, tema d’italiano. Trovai il primo tema che avevo scritto all’interno di quell’inferno di liceo, l’unico che mi ricordassi fosse andato davvero bene. Perché leggere? Perché Carmen? Non riuscii a riscriverlo con lo stesso entusiasmo di una volta, forse perché in quel momento tutto ciò che riguardava Carmen mi sembrava un’immensa bugia, ma quel sentimento, quel fuoco che ardeva dentro di me per lei, era sempre acceso. Non riuscii a non pensare a quanto quella traccia sembrasse un segno del destino. Mi sembrava che il fato mi stesse prendendo in giro, ma non mi offesi, anzi, mi fece ridere. 

Qualche giorno prima dell’orale ci comunicarono i voti. Incredibile! 

Italiano otto e mezzo, versione di latino sei e mezzo, terza prova quasi il massimo, nonostante la domanda di storia su un argomento che avevamo appena sfiorato durante l’anno. Ero contenta, ma anche molto irritata. Per cinque anni mi avevano devastato, dicendomi che non ero capace di fare nulla e, ora, improvvisamente, ero quasi tra i migliori? Mi stavano prendendo in giro? E, soprattutto, a cosa avrei dovuto credere? Ai giudizi di cinque anni o a quelli di una settimana?

Immagina tratta da Pexels

Ridevo di una risata isterica per quei risultati, non capivo se fossi io pazza o loro, ma in quel momento non mi interessava saperlo, non volevo perdere tempo a pensarci, perché avevo quell’ultima prova da affrontare. Volevo dimostrare chi ero, volevo spaccare e farli rosicare per tutti quegli anni, volevo sbattere in faccia agli insegnanti quanto si fossero sbagliati su di me. Avevo il sangue in ebollizione, avrei dimostrato a tutti che non potevano più abbattermi che, alla fine, io avevo vinto quella maledetta lotta, ero a pezzi, ma avevo vinto io.

In tesina portai la storia di Medea. Medea era come me. Una donna logorata, che aveva sacrificato ormai tutto per l’amore di un uomo indegno, come Carmen. Medea era impazzita per il dolore e solo un gesto estremo avrebbe dimostrato che non era uno stupido zerbino, ma un’eroina. Così, sceglie di compiere il gesto che più le porta sofferenza, uccidere i suoi figli.

Eccomi, ero io. 

Quei 5 anni erano stati la mia follia, ma né io né Medea con il nostro gesto folle, con quella scelta di cospargerci di dolore eravamo riuscite a ottenere ciò che più desideravamo. Esporre la mia tesina fu raccontare la mia stessa storia, per questo fui capace di farlo in maniera così convincente, da lasciare stupita e ammaliata dalle mie parole l’intera commissione. 

Immagine tratta da Wikipedia

Uscii e, finalmente, tornai a respirare. Ero libera! Libera almeno per un’attimo. Piangevo, perché era finita la mia guerra, potevo tornare a casa e mi sembrava surreale. Avrei voluto festeggiare a dovere quell’evento con la mia famiglia, ma il lutto del nonno era ancora troppo fresco. Lo comprendevo, anche a me sarebbe piaciuto che lui fosse lì con me a celebrare quell’evento, sarebbe stato davvero felice. Inoltre, la morte di mio nonno non si era portata via solamente lui, ma anche un pezzo di mia madre. Capivo quanto naturale fosse che questo accadesse, ma mi faceva male vederla così, apatica, depressa, buttata sul divano. Mi faceva male non poterla aiutare e mi faceva male che io, che ero sua figlia, non bastassi a renderla felice. 

In quel giorno così speciale avrei tanto voluto poterla avere tutta per me, e anche lei avrebbe voluto esserci di più. Non fu così, ma non ebbe importanza, tanto era fondamentale per me che tutto fosse finito e che potessi ricominciare una nuova vita. Mattia cercò di fare il massimo per celebrare la mia maturità, sapeva quanto fosse importante, fu un gesto immensamente pieno d’amore, per cui, ancora oggi, gli sono tanto grata, ma mi mancava che a festeggiare ci fossimo tutti, soprattutto chi aveva sofferto in quegli anni insieme a me

Alla fine, uscii dalle superiori con 85, un voto che non avevo minimamente immaginato di poter prendere. Mi sembrava una rivincita, per un po’ credetti proprio fosse una vittoria. A influire su questa mia considerazione, espressa nel breve termine, fu però la stanchezza e l’emozione del momento. 

Oggi ho un’opinione differente. 

Ciò che mi portò a prendere un voto così alto, fuori dalla mia media abituale, fu un insieme di tre fattori: una commissione benevola, che in nessun modo cercò di mettermi in difficoltà; la fortuna, infatti la versione che ci assegnarono aveva già molti pezzi tradotti come esempi nel mio vocabolario; l’amore per Carmen, che mi agevolò nel trasmettere in modo efficace le mie idee sia nel tema che durante l’orale.

Quando ne riparlo con Mattia mi dice sempre quanto sia assurda e contorta questa mia visione della storia, mi rimprovera di non riconoscere i miei risultati. Io non so dire chi dei due abbia ragione, ma, visti i precedenti, preferisco dar retta alla mia versione. Fino alla terza media mi avevano venerato come una dea, mi avevano fatto credere di poter fare tutto con un po’ di impegno, poi dalla prima superiore tutto era cambiato, non ero più in grado di fare nulla, ero diventata spazzatura e qualunque cosa cercassi di fare per migliorare non era sufficiente. Ecco, a quale voce dovrei credere? Preferisco sottovalutarmi, così da lavorare sempre duramente in ogni campo, piuttosto che oziare e rilassarmi, rischiando di perdere l’occasione di impegnarmi in ogni momento. 

Immagine di copertina tratta da Pexels

Prendere la penna in mano mi rende terribilmente felice. Fin da piccola mi sono innamorata del mestiere di scrivere, poteva essere il classico romanzo rosa, invece porto le cicatrici sul corpo di questo amore. Combatto ogni giorno per conquistare un pezzo del mio sogno, vivere di parole, perché anche se mi fa soffrire ne sono terribilmente innamorata.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.