Neuroplasticità: il cervello è plastilina?

Come un complesso dedalo di connessioni sinaptiche sia fondamentale per un cervello efficiente e libero da patologie

La possibilità di modificare la struttura del cervello sembra saltare direttamente fuori da un romanzo fantascientifico. Eppure è un’abilità innata all’essere umano, che non necessita di complicati interventi chirurgici. Si tratta di neuroplasticità: la capacità del sistema nervoso di modificarsi. Grazie a questo meccanismo le sinapsi (cioè le relazioni tra neuroni) vengono regolate d’intensità, create ed eliminate. Prestando un termine proprio dell’era digitale, lo si potrebbe descrivere come il processo di “cablaggio” del cervello.

Il cervello crea nuove connessioni

La neuroplasticità diventa particolarmente importante nel contesto del recupero funzionale, ovvero la“riorganizzazione” strutturale in risposta a danni cerebrali e neurotraumi. Ad esempio, spostando la sede di una determinata funzione da un’area cerebrale compromessa ad una nuova, è possibile superare difficoltà provocate da lesioni al midollo spinale (spesso causa di paralisi).

Tuttavia questo non è l’unico caso in cui la malleabilità del nostro cervello torna utile. Si rivela indispensabile anche nella capacità di imparare nuove abilità e persino nell’adattamento ai cambiamenti fisici. Sembrerà banale, ma ad ogni variazione del nostro peso cambia anche la nostra biomeccanica. Nonostante ciò il corpo rimane in grado di muoversi sempre allo stesso modo.

Fondamentale è quindi la costante costruzione di nuove connessioni tra neuroni, che sono prodotte attraverso la generazione di uno stimolo simultaneo. Perfetto paradigma di tale meccanismo in azione è la memoria. Il classico esempio è il ricordo della nonna. Richiamando la nonna alla mente non solo evochiamo un ricordo visivo (il suo aspetto), ma con il suono della sua voce, il suo profumo e magari il sapore della sua torta speciale solletichiamo anche la sfera dell’udito, dell’olfatto e del gusto. Ognuno di questi elementi è associato ad una precisa area del cervello: corteccia visiva, corteccia uditiva, corteccia parietale… Ciò significa che i neuroni associati a ogni elemento provengono da zone differenti. Tuttavia, lavorando simultaneamente, si legano. Basterà stimolare anche solo uno degli aspetti “nonna” (ad esempio sentendo improvvisamente il suo profumo) per vedere comparire la sua immagine.

I benefici della neuroplasticità

Ma ora che siamo a conoscenza di questa particolare abilità del nostro cervello, in quale modo può influire nella nostra quotidianità? Tra i benefici che comporta una struttura sinaptica complessa e rafforzata troviamo: migliore memoria, abilità d’apprendimento, capacità di ripresa da traumi cerebrali e minori livelli di stress. Tuttavia, uno degli aspetti più interessanti che la neurologia moderna cerca di approfondire è la cura di patologie come la depressione maggiore.

Oggi giorno si cerca di affrontare il lupo nero con farmaci che agiscono sulla neurochimica: le sostanze chimiche che permeano il nostro cervello. Purtroppo, in molti casi non risulta essere una tecnica affidabile data la notevole complessità del frullato di molecole nella nostra scatola cranica.

Come mettono in risalto più studi, la depressione è accompagnata spesso da un’atrofia dell’ippocampo. I neuroni provenienti da questa parte del cervello risultano essere ridotti in dimensione e volume e le connessioni prosciugate. Sembrerebbe quindi che una riattivazione di tale area potrebbe rappresentare un’efficace soluzione.

Non da sottovalutare sono anche i comportamenti dell’individuo, in grado di influire sulla neurochimica.

Buone abitudini per migliorare la neuroplasticità

Ma come fare a massimizzare la propria neuroplasticità e ottenere un cervello più complesso del labirinto di Cnosso? A questo quesito ha cercato di rispondere la dottoressa Kelly Lambert, professoressa all’università di Richmond. Senza ombra di dubbio un primo passo consiste nel ridurre lo stress. Provato scientificamente, tale patologia è associata alla regressione dei dendriti (le lunghe braccia dei neuroni) e alla diminuzione di densità della spina dendritica (la membrana che raccoglie effettivamente gli stimoli nervosi). Largo perciò alla vita campestre, in grado di diminuire del 56% la probabilità di soffrire di depressione.

Fondamentale è anche il ruolo dell’attività fisica. Questa stimola la produzione del fattore neurotrofico cerebrale, una sostanza in grado di favorire la crescita e la differenziazione di nuovi neuroni. Questo fenomeno risulta naturale se si considera che il cervelletto, contenente l’80% dei nostri neuroni, è destinato interamente al controllo della coordinazione motoria.

Attività fisica
Photo by Bruno Nascimento on Unsplash

Ultimo ma non meno importante troviamo il sonno. Mentre dormiamo vengono infatti ripercorse le strade neuronali valicate durante il giorno. La memoria viene riorganizzata e le connessioni sinaptiche consolidate. Va da sé quindi che un buon riposo sia un importante passo verso una mente più sveglia.

Risulta quindi evidente l’importanza della neuroplasticità: grazie ad essa possiamo migliorare le nostre abilità ed affrontare situazioni invalidanti. D’altro canto, se non la sosteniamo, diventa facile inciampare: fisicamente e mentalmente.

Immagine di copertina: Photo by Paweł Czerwiński on Unsplash

avatar

Ciò che sappiamo è solo una goccia, ciò che ignoriamo è un oceano. - Isaac Newton

1 Comment

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.