Beyond the lyrics: Numb – Linkin Park

La fotografia in negativo di una canzone d’amore pop

Numb: la stanchezza emotiva che intorpidisce

Avrebbe potuto chiamarsi semplicemente Tired, ma Numb parla di una fiacchezza ancor più profonda, tale da lasciare chi la prova in una sorta di torpore emotivo. La necessità di esprimere se stessi al di là delle prepotenze subite è il fil rouge che collega tutte le tracce di Meteora, di cui Numb rappresenta la riuscitissima chiusura.

L’album

Credits: Amazon.it

Meteora (2003, Warner Bros Records) è il secondogenito dei Linkin Park, a dire il vero anticipato dal remix album Reanimation (2002, Warner Bros Records). La band lo compone perlopiù sul piccolo bus che la trasporta durante il tour europeo di Hybrid Theory. Un luogo tanto stretto da non poterci stare in piedi, sembra di trovarsi in una scatola piena di chitarre, tastiere e campionatori. Lungo il viaggio la band viene a conoscenza di una località a nord della Grecia ricca di monasteri ortodossi. Il suo nome è Meteora, dal greco μετά, metá, “in mezzo a” e ἀείρω, aeírō, “aria”, letteralmente: “sospeso in aria“. Niente male come titolo di un album.

Accolto dalla critica a tratti con entusiasmo, a tratti con una certa diffidenza («né più né meno che una specie di Hybrid Theory 2», disse Steven T. Erlewine), Meteora mantiene e arricchisce le atmosfere del disco precedente, il che è spiegabile anche con la parziale sovrapposizione dei tempi di scrittura e stesura. È l’album di Somewhere I Belong, Faint e dell’atipica Breaking The Habit, in cui compaiono archi e piano “veri”, in contrasto con l’uso dei sintetizzatori che sarà crescente nel tempo nelle future produzioni dei Linkin Park. Ma soprattutto è l’album di Numb, l’inno di una generazione stanca.

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Meteora, Grecia. Credits: Stathis Floros – Opera propria, CC BY-SA 4.0,

Beyond the lyrics

Numb è stata per molti un passaggio obbligato nella galleria della rabbia adolescenziale. Inizia con una porta sbattuta in faccia: sono stanco di essere quel che vuoi che io sia. Una triste dedica che per decenni è stata rivolta a genitori, amici, amanti. È malleabile, plastica, adattabile a qualsiasi situazione tossica. La fotografia in negativo di una canzone d’amore pop.

Dalle prime parole Numb medita sulla pesantezza di vivere una costrizione relazionale, nella sua falsità (feeling so faithless) e superficialità (lost under the surface), con l’ansia di dover colmare aspettative e proiezioni altrui (under the pressure of walking in your shoes) e la certezza di cadere sempre in errore (every step that I take is another mistake to you).

Come ormai da tradizione, il buon Mike Shinoda s’inserisce tra parentesi in mezzo alle parole di Chester Bennington. Caught in the undertow, catturato dalla corrente: una situazione da cui anche chi sa nuotare non riesce a uscire senza aiuto esterno.

Il ritornello più famoso dei Linkin Park è un programma a sé. La sopraffazione emotiva fodera occhi e orecchie e lascia in uno stato di trance (I’ve become so numb): è un meccanismo di autodifesa che isola i sensi da chi più ci ferisce (I can’t feel you there), impedendoci di colmare un vuoto e anzi continuando a scavarlo. È uno sfinimento (become so tired) che ha l’unico vantaggio di rafforzarci (so much more aware) e di insegnarci chi siamo e cosa vogliamo davvero.

La volontà e la promessa di somigliare a se stessi e a nessun altro (be more like me and be less like you) è la più grande morale di Numb. L’ossessione del controllo (afraid to lose control) – un tema già affrontato in Crawling – rende possessivo e soffocante l’altro (can’t you see that you’re smothering me?): se in Crawling il controllo era l’ancora di salvezza (dalla droga), qui è l’arma del delitto. L’unico modo di venirne fuori è diventare consapevoli di sé.

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Credits: Warner Bros Records

Che non si dica che Numb sia una semplice canzone vendicativa, o con il solo intento di “ballare sulla pancia” del nemico. L’ultimo bridge offre infatti una nuova chiave di interpretazione, più empatica: so che eri proprio come me con qualcuno che hai deluso. S’invertono i ruoli e il carnefice può ora ricordare di essere stato a sua volta vittima. Non solo, quindi, una persona capace di provare insoddisfazione per le azioni degli altri che non corrispondono ai suoi desideri e intenti (every step that I take is another mistake to you) ma anche qualcuno che a sua volta ha deluso qualcun altro e ne ha subito le relative pressioni.

Immedesimazione e consapevolezza, autenticità e riscatto: tra le urla di Numb si nascondono i bisogni più puri dell’umanità.

Molto più di tutto questo

Nell’universalità dei sentimenti di cui si fa carico, Numb potrebbe sembrare un contenitore generalista di rancori. Cela, però, anche una quantità impressionante di sotto-tracce che la rendono una vera e propria mappa delle brutte esperienze di Chester Bennington. Che si riferisca a chi da piccolo lo prendeva in giro perché era un ragazzino magro e strano, a chi abusò di lui dagli otto ai tredici anni, o alla dipendenza da droghe e alcol (in quanto ottunde i sensi ed è un fardello di cui è difficile da liberarsi), Numb racchiude una sofferenza personale che diventa di pubblica fruizione.

Questo luogo qui, questo teschio tra le mie orecchie, è un brutto quartiere, e non dovrei starci da solo.

Chester Bennington in un’intervista nel febbraio 2017

(Immagine di copertina tratta dal video ufficiale di Numb, Linkin Park)


Questo articolo appartiene a uno speciale Beyond the lyrics sui testi più iconici dei Linkin Park, la band più votata dai nostri followers su Instagram. Trovate qui tutti gli altri pezzi pubblicati, e qui tutti gli altri Beyond the lyrics a cura della redazione.

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