Arte ed etnicità: superiamo l’egemonia occidentale

La contaminazione è una chiave, l’arte è un terreno privilegiato per il reciproco riconoscimento, fondamentale requisito della vita sociale.

I limiti della classificazione

Come viene letta l’arte extra occidentale in occidente? Com’è l’impatto tra una cultura che pretende di essere universale e una relegata a periferica? È innegabile il senso di estraneità che un osservatore occidentale prova di fronte a opere artistiche di una cultura a lui poco conosciuta.

Questa estraneità può essere superata in due modi: addomesticare il prodotto straniero, ricondurlo nel proprio universo concentrandosi sugli elementi più familiari, in un processo di semplificazione; all’opposto, si possono enfatizzare le particolarità fino a considerarle impenetrabili, renderle aliene, esotismi inferiori alla nostra norma. Ma gli estremismi sono sempre un eccesso; sono superabili imparando a leggere le culture e la loro arte, andando oltre la visione occidentale, senza limitarsi alle nostre categorie ma assumendo quelle altrui.

L’arte extra-occidentale, vittima delle classificazioni occidentali, è spesso vincolata a significati religiosi, relegata a opere di artigianato, che portano il peso di una tradizione ritenuta ancestrale. Con l’attribuzione di queste etichette, si nega all’arte la possibilità di una contemporaneità e al tempo stesso si limita l’oggetto artistico al mero valore d’uso dell’opera artigiana. 

Il criterio valutativo occidentale pretende di poter determinare cosa è o non è arte, si arroga il diritto di selezionare artisti, giudicarne il potenziale e la loro internazionalità. Una serie di decisioni, mascherate dal politically correct, si ritrovano a dire “viva la diversità”. Ma di fatto resta l’occidente a stabilire quale sia questa diversità.

Ceramiche marocchine fondono il confine tra artigianato e arte. Immagine di rigel da Unsplash.

La questione dell’autorialità

Arte extra-occidentale vista come un continuo di tradizioni e opere artigianali, spesso caratterizzate da temi con variazioni minime, i creatori delle quali sono ideali e anonimi delegati della loro cultura. Non vi è interesse per il nome, vi è una negazione dell’autorialitàgeneralizzandola a rappresentanza della cultura, quando, al contrario, nessun artista occidentale ne è considerato l’ambasciatore. 

Prendiamo l’esempio di Picasso, conosciuto come tale e non come anonimo esponente dell’arte spagnola, né tantomeno europea. Le sue opere sono chiaramente attribuite a lui. Ciò non avviene con lo scultore della maschera Bobo associata alle tele cubiste come fonte d’ispirazione. Esempio di arte africana – come se tutta l’Africa fosse unita in un’unica cultura – l’attribuzione di un nome toglierebbe quell’aura di antico, esotico e misterioso, che genera attrattiva.

Anche l’utilità religiosa o artigianale tende a togliere valore all’arte extra-occidentale, limitandola a semplici oggetti d’uso comune, lontani da un concetto più astratto di “opera d’arte”. Non dobbiamo dimenticare che l’intera storia dell’arte occidentale, fino al XVIII secolo, non parla d’altro che di opere religiose e la Saliera di Benvenuto Cellini è considerata un’opera scultorea, quando le ceramiche Ming sono ridotte a semplici vasi ornamentali esotici.

Maschere africane. Immagine di Wonderlane da Unsplash.

La potenzialità della contaminazione

Il terreno in cui ci siamo mossi è il complesso circuito mercantile e museale occidentale, rispetto al quale le opere si possono trovare all’interno o all’esterno. A determinare chi può appartenervi o chi deve restarne fuori, vi è un teorico rispetto della tradizione, della storia e del sistema di riferimento. 

Non vi è spazio per mezzi termini, non vi è spazio per la contaminazione e il mixaggio, che può partire proprio dalle culture extra-occidentali, per mettere in discussione i concetti occidentali di opera e di artista. Vi è una volontà di sentirsi unici legittimatori non solo della propria cultura ma anche di quelle altrui. 

Un esempio concreto ce lo fornisce Viviana Gravano, con un articolo intitolato Artisti o maghi: l’artista Yinka Shonibare, di genitori africani, è nato e cresciuto a Londra mantenendo, al contempo, i legami con la famiglia in Africa. Lavora su tematiche metropolitane britanniche, sull’uso di tessuti africani in realtà europee e nella cultura pop inglese. Le sue opere sono da considerare arte occidentale o extra-occidentale? 

La contaminazione è la chiave per una ridefinizione del rapporto tra arte ed etnicità. Il mondo dell’arte può rivelarsi un terreno privilegiato per comprendere come il riconoscimento reciproco sia un requisito fondamentale della vita sociale.

Champagne Kids, installazione di Yinka Shonibare. Immagine da Wikimedia Commons.

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Immagine di copertina: photo by dxiane on Unsplash.

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Antropologo nipponista. Fotografo mancato. Docente a tempo perso. Affascinato da ogni forma di alterità, offro il mio piccolo contributo per portare lo “studio dell’uomo” sullo schermo di tutti.

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