Carpe diem, tra antica Roma e Sol Levante

carpe diem

Da Orazio all’estetica nipponica: Carpe diem può legare Giappone e Roma antica, due culture (non così) lontane nello spazio e nel tempo.

Può l’antica Roma essere ricollegata al lontano Giappone? Questa riflessione è nata dal film L’attimo fuggente e dall’emblematica citazione della locuzione oraziana carpe diem. Ma vediamo come è stata interpretata nel film e come possa farci viaggiare nello spazio-tempo.

L’attimo fuggente

La pellicola di Peter Weir del 1989, è un cult dell’ambito scolastico. Al di là della didattica non convenzionale proposta dal protagonista, risulta interessante la riflessione sulla locuzione oraziana carpe diem. In un percorso a ritroso, viene pima citato il poeta statunitense Walt Whitman, per poi richiamare una strofa dell’inglese Robert Herrick: “Cogli la rosa quando è il momento / che il tempo, lo sai, vola / e lo stesso fiore che sboccia oggi / domani appassirà”. Da qui si passa alla citazione di Orazio, “carpe diem”, in un ponte linguistico e culturale che collega la Roma antica alla Londra del XVII secolo.

L'attimo fuggente cita l'oraziano carpe diem
Robin Williams in un’iconica scena de L’attimo fuggente (Wikimedia commons).

Tradotto con “cogli l’attimo”, assieme al monito di cogliere la rosa prima che il tempo la renda morente, si fa riferimento allo scorrere della vita e a come, in un attimo, si passi dal fiore degli anni alla morte. La caducità dell’esistenza vuole essere il pretesto per vivere rendendo straordinario ogni momento, fare del nostro meglio finché ne abbiamo la possibilità. Da notare la correzione di uno studente quando afferma che il poeta va di fretta, diffusa ed erronea interpretazione della citazione latina.

Orazio e l’ode I, 11

Conosciuta e citata anche dai non addetti ai lavori, la locuzione carpe diem diviene sunto dell’ode e della poetica di Orazio. Il rischio è quello di semplificare e perdere quanto espresso dall’intera poesia. Come accennato ne L’attimo fuggente, Orazio non intendeva promuovere una vita in cui bisogna andare di fretta, tantomeno una vita senza pensieri o in un eccesso di allegrezza e leggerezza.

Non solo carpe diem: Orazio raffigurato al circolo di Mecenate
Fyodor BronnikovOrazio legge di fronte al circolo di Mecenate, 1863 (Wikimedia commons).

Il poeta si rivolge all’amante Leuconoe, nome parlante di una giovane dalla “mente candida”, offrendo consigli per vivere meglio. Orazio ci avverte di non tormentarci per il nostro futuro, di non fare affidamento sulla cabala, perché “scire nefas”: è sacrilego, contrario alla legge divina, conoscere la fine assegnataci dagli dei. Anziché affidarsi al futuro, dobbiamo sfruttare il presente e ciò che già abbiamo della nostra vita. Carpire l’hic et nunc, quasi con la violenza che carpo sottintende, per godere della vita sfruttandola al meglio. “Carpe diem quam minimum credula postero”: dobbiamo affidarci il meno possibile ai giorni a venire, nello scorrere di un tempo che passa mentre parliamo, quasi a volerci del male.

L’impermanenza nella cultura giapponese

Strappare il presente, perché il fiore che sboccia oggi domani appassirà. Il messaggio della pellicola di Weir, tramite i versi di Herrick, ci ha portati lontani nel tempo. Dalla Roma di Orazio, può portarci altrettanto lontani nello spazio, raggiungendo la cultura giapponese. Il concetto di impermanenza delle cose e della vita, di cogliere il meglio del momento, è un topos della letteratura giapponese classica che influenza ancora la società del Sol Levante.

Parliamo dei concetti estetico-filosofici di mono no awarewabi e sabi. Ci troviamo nell’ambito di quei termini per cui “tradurre” è “tradire”, difficili da rendere attraverso le lingue e le culture. Mono no aware deriva da un’esclamazione di sorpresa, con sfumature di malinconia, per la bellezza di un qualcosa destinato a finire. Una serata di luna piena che domani non avrà lo stesso aspetto; un albero di ciliegio che sfiorirà alla prima pioggia. Il cuore della bellezza risiede proprio nella fugace temporaneità delle cose, esortando a cogliere il momento e farne tesoro nell’incertezza del futuro

Wabi e sabi sono termini che si accompagnano a vicenda. Wabi è la capacità di apprezzare la semplicità e la naturalezza, anche con le sue imperfezioni. Naturalezza amata perché dagli esiti imprevedibili, in balia dello scorrere del tempo che ne preannuncia la fine. Sabi è una disposizione dell’animo a valorizzare le imperfezioni, i danni e le ferite, viste come preziosi testimoni della storia e di una vita peritura. Wabi e sabi intendono cogliere l’attimo e la sua importanza, con la nostalgica consapevolezza che il futuro del presente è già passato.

Kintsugi: altro esempio di carpe diem giapponese
Foto di Motoki Tonn da Unsplash.

Il potere della diversità

Mettendo a confronto lingue, culture e pensieri geograficamente distanti e in diversi periodi storici, vediamo come il latino non sia poi così “lingua morta” o, per lo meno, come il mondo antico non sia chiuso definitivamente. Al contrario, l’antichità ci può portare a riflettere sulle similitudini e differenze tra le varie culture, lungi da essere compartimenti stagni. Il passato può fornirci un’interpretazione del presente, in quanto radice di uno stesso pensiero ed esempio di come determinate questioni siano già state affrontate da altri. Un “altro” linguistico, geografico, culturale e temporale che, studiato e compreso, apre al concetto di diversità, eliminando l’accezione negativa che troppo spesso l’accompagna e valorizzando le potenzialità del contatto.

Leggi anche: Il latino e il greco non salveranno l’istruzione italiana e Nessuno ha mai chiesto al latino e al greco di salvare l’istruzione italiana, scambio di opinioni sull’insegnamento della cultura classica nella scuola contemporanea.

(Copertina di Alex Plesovskich da Unsplash.)

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Antropologo nipponista. Fotografo mancato. Docente a tempo perso. Affascinato da ogni forma di alterità, offro il mio piccolo contributo per portare lo “studio dell’uomo” sullo schermo di tutti.

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