L’inizio di un amore

“Ma non confondere l’amore e l’innamoramento, che oramai non è più tempo” Brunori Sas

Proseguono le puntate del racconto di Giada Penello: ecco il link all’episodio precedente.

Mattia era un ragazzo simpatico. Durante la Chiarastella ci piaceva stuzzicarci a vicenda, mi colpiva particolarmente la sua sensibilità verso le altre persone: era attento e premuroso con gli anziani, coi malati e con i bambini. Prima di andare via dalle case faceva sempre gli auguri a tutti, non in maniera frettolosa, ma con estrema gentilezza e sincerità. 

Mi ricordo, in particolare, un giorno in cui avevamo suonato al campanello di una casa che in un primo momento, in apparenza, sembrava deserta. C’erano tre cani che continuavano ad abbaiarci contro ferocemente. Io portavo la cassettina delle offerte: una volta comparsi i proprietari, avrei dovuto allungare il braccio proprio nel punto in cui si aprivano le bocche dei cani, per raccogliere il contributo per la parrocchia. Quando successe, Mattia, per proteggermi dall’aggressività dei cani, mi sostituì.  Fu un gesto davvero carino, che mi fece sentire considerata

Quello che, in quella sera, mi colpì di più, accadde poco dopo. Casa sua era vicina all’indirizzo guardato dai cani. Ci chiese esplicitamente se potevamo cantare una certa canzone, “È Natale”. 

Mi domandai subito il perché di una richiesta del genere, e mi formulai un’ipotesi, basandomi sul testo della canzone. Il ritornello dice: “è Natale, è Natale, è Natale, anche qui”. Pensai subito che fosse un gesto dolcissimo che un figlio ricordasse alla propria famiglia che, nonostante le difficoltà, era comunque Natale, c’erano comunque speranza e amore da celebrare. Salutò affettuosamente i suoi genitori e il suo cagnolino brontolone, ma la mia testa rimase intrappolata in quel momento misterioso e magico. 

Col passare del tempo, Mattia mi piacque sempre di più. Mi faceva ridere e distrarre dai miei problemi, con i suoi gesti di altruismo mi ricordava che contava molto di più la bontà che la bravura e mi faceva vedere il mondo sotto quella magica luce natalizia di cui avevo tanto bisogno. 

Arrivarono finalmente le vacanze di Natale, ero contenta di poter stare un po’ lontana da scuola. Anche se avrei studiato per la maggior parte del tempo, almeno potevo godermi qualche momento in famiglia, sentendomi finalmente amata e al sicuro

storia d'amore
Immagine tratta da Pexels

Il primo gennaio ricevetti un messaggio da Mattia, che non vedevo né sentivo più dalla Vigilia di Natale. Mi chiedeva di andare il pomeriggio in patronato, perché mi aveva lasciato un regalo. In quel momento mi fu palese che gli piacevo, probabilmente, tanto quanto lui piaceva a me. Mi regalò un coniglietto di peluche.

Al primo appuntamento lo portai a pattinare sul ghiaccio. Mi immaginavo già che potesse accadere qualcosa di romantico. Non successe nulla di rilevante, ma fu comunque una bella serata. Fu qualche giorno dopo che ci scambiammo il primo bacio. Lo avevo programmato in tutti i dettagli, anche perché lo desideravo da tempo e vedevo che lui indugiava a compiere il gesto. Gli raccontai della mia precedente relazione, gli dissi, in lacrime, quanto male mi avesse fatto quella storia e quanto mi sentissi una puttana per tutto quello che era successo.  Fu tenero e comprensivo e, seduti con le schiene contro il muro dove ci eravamo conosciuti, ci baciammo. 

In pochi giorni si era già guadagnato tutta la mia fiducia. Gli raccontai così di Carmen, della scuola, della mia passione per la scrittura, di tutte le mie follie. Lui mi ascoltava serenamente. Sapevo che quelle storie mi rendevano unica, ma, inspiegabilmente per me, non era di quelle cose che si era innamorato Mattia. 

Al mio compleanno, mia mamma mi fece una bellissima sorpresa, probabilmente perché sapeva quanto stessi soffrendo per via di Carmen. Tornata da scuola, trovai una fila di mie foto, fin da quando ero piccola, che scendevano per le scale, e la musica degli 883 di sottofondo. 

Entrata a casa la ringraziai subito, commossa, poi mi recai verso camera mia per cambiarmi. Ricordo semplicemente che, per un secondo, prima di aprire quella porta, sentii un profumo familiare. Seduto sul mio letto, c’era Mattia che mi aspettava. 

Fu ovviamente un giorno bellissimo, che non scorderò mai, ma forse la cosa più speciale, quella che mi fa ancora emozionare, non è tanto il fatto che Mattia fosse lì, ma, piuttosto, il fatto che mia madre avesse organizzato per me quella sorpresa. 

Credo che soffrisse tantissimo nel vedermi così a pezzi per la scuola, nel capire che non ero in grado di trovare nulla di bello in me stessa, e credo che stesse ancora più male nello scoprirsi impotente davanti al mio dolore. 

Non riusciva a convincermi che valevo molto più di quanto potessi immaginare e soprattutto che lei mi avrebbe sempre amata, nonostante i miei difetti. 

Quella sorpresa fu, sicuramente, più un modo per ricordarmi che dovevo trovare la forza per rialzarmi e tornare a vivere, che dovevo guardarmi meglio nello specchio. Quel gesto valeva più di quanto mostrasse in superficie, era un salvagente per ricordarmi di respirare tra un’onda e l’altra. 

Storia d'amore
Immagine tratta da Pexeles

Io e Mattia ci vedevamo quasi tutti i giorni e stavamo bene insieme, anzi, mi sembrava di non poter stare un minuto senza di lui. Le giornate erano piene di romanticismo, rose, baci nel freddo della sera, parole piene d’amore. 

Ora, a ripensare a tutte queste cose, mi sento un po’ in imbarazzo: mi sembra ridicolo il modo in cui ci amavamo. Tutto quel bisogno di dimostrarci quanto grande fosse il nostro amore, quel mettersi in mostra davanti a tutti e il non saper stare senza l’altro, anche se non ci amavamo minimamente tanto quanto ora, mi sembra finto. Non posso negare che siano dei bei ricordi, ma mi sembrano infantili rispetto al presente. 

Oggi io e Mattia siamo diversi rispetto ad allora e, anche se prima vivevamo tutto più intensamente, non farei a cambio col passato. All’inizio della nostra relazione eravamo assorbiti l’uno dall’altro, quasi direi senza un’identità, se non di coppia. Non eravamo affatto liberi di essere noi stessi, né di fare ciò che volevamo, ma eravamo vincolati al copione della coppia perfetta. Oggi invece siamo liberi, più sinceri, più veri. 

“Perché la più grande libertà è quella che ti tiene in catene, è quella che non ti lascia andare via”

Pinguini Tattici Nucleari 

Come si dice quando ci si sposa: “ci siamo messi le manette”. Tutti pensano che questo significhi rinunciare alla propria libertà, ma è l’esatto opposto.

Siccome siamo legati l’uno all’altra so che, per quanto possa fare schifo, lui resterà legato a me. So che posso permettermi di essere me stessa al 100%, nel bene e nel male, e lui sarà lì vicino a me

La sicurezza di avere qualcuno al mio fianco mi ha permesso di affrontare sfide che altrimenti avrei evitato, perché avevo qualcuno che mi sosteneva, che non mi avrebbe fatto pesare il mio fallimento, ma mi avrebbe amato incondizionatamente e ne avrebbe condiviso il peso con me.

All’epoca però non mi rendevo conto di tutto questo, ero giovane, ero all’inizio della nostra relazione, e vivevo ogni momento insieme a lui in modo ossessivo.

Immagine di copertina tratta da Pexels

Prendere la penna in mano mi rende terribilmente felice. Fin da piccola mi sono innamorata del mestiere di scrivere, poteva essere il classico romanzo rosa, invece porto le cicatrici sul corpo di questo amore. Combatto ogni giorno per conquistare un pezzo del mio sogno, vivere di parole, perché anche se mi fa soffrire ne sono terribilmente innamorata.

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