La pioggia nelle scarpe di tela

La pioggia nelle scarpe di tela

Come si sente in un giorno di pioggia chi non vuol lasciare le scarpe leggere?

Le pareti bianche, la casa vuota e in sottofondo il rumore della pioggia che, in una notte di metà novembre, risuona infrangendosi sulle ringhiere come le corde di una chitarra. Non so per quanto tempo sono stata lì a guardarla in silenzio. Immobile, guardavo cadere goccia dopo goccia godendomi la confortante sensazione che il cielo soffrisse con chi lo osservava. Il tempo era cristallizzato, fossilizzato in una minuscola goccia di pioggia che scivolava sul vetro della finestra in cerca di una via di fuga da ciò che la inseguiva. 

Nutro amore e odio per la pioggia perché gonfia il cuore e bagna gli occhi, lava via le speranze ma cancella gli sbagli, ricuce le ferite ma ingigantisce le crepe, mette tristezza ma conforta. La pioggia ha quella capacità innata di metterti nostalgia per cose che non hai mai provato, ha l’incredibile forza di farti sentire la mancanza non solo di ciò che è stato ma anche di ciò che non è e non sarà mai.
La terra sotto i piedi s’infrange, si sgretola e a te mancano tutte le cose che non hai vissuto, tutte le speranze deluse e i sogni abbandonati, le amicizie perse e gli amori impossibili, le occasioni perse e le porte mai aperte. Ti iniziano a mancare persone che non hai mai conosciuto e vite a te estranee, ma anche i ricordi passati, chi era casa e ora non lo è più. Un senso di vuoto si fa strada all’altezza dello stomaco verso la gola, espandendosi sempre più fino a divenire incolmabile poiché tutto ciò che ti servirebbe per riempirlo è semplicemente ciò che non ti appartiene. Quel suono così delicato è in grado di tirare fuori, scavando in te, tutto quello che il sole aveva seccato e fatto dimenticare

La pioggia migliora le giornate in cui sei talmente felice che vorresti solo correre urlando a squarciagola il senso della tua libertà, bagnandoti con le lacrime del cielo, ma peggiora quelle giornate grigie in cui già piove dentro di te.

Foto di Fox da Pexels.

Quel giorno mi aveva colta di sorpresa, nel pomeriggio, mentre stavo andando in stazione. Sotto un cielo nero, timidamente aveva iniziato a scendere. Inizialmente senza far rumore, lentamente, sfiorando chi correva o chi camminava per le strade. Poi ha preso coraggio e sembrava saper amplificare il silenzio. 

Il problema è che se inizia a piovere e tu ti ritrovi senza ombrello e con le scarpe di tela in mezzo a una strada sotto un cielo che borbotta, inevitabilmente ti bagnerai, si bagnerà ogni singola parte di te e avrai freddo e ti sentirai solo e ogni cosa diventerà pesante. Sentirai i vestiti gravare sulle spalle e sul petto senza riuscire a capire quale peso è fisico ed effettivo, e quale è psicologico, creato dal cuore gonfio; sentirai i piedi navigare in quelle scarpe leggere che ti ostini a mettere perché hanno ancora la sabbia dentro e tu no, non ce la fai proprio, non ce la fai ancora a lasciare andare l’estate anche se le rondini sono già migrate da tempo.

La pioggia nelle scarpe di tela
Foto di Gil Ribeiro da Unsplash.

Sotto quel cielo rumoroso vorrai solo un ombrello per ripararti un po’ e un abbraccio forte per chiudere le ferite riaperte dallo scorrere fluido del tempo sotto forma di acqua; vorrai solo che qualcuno ti dica che è tutto okay, che vai benissimo così anche senza ombrello e con un paio di scarpe di tela troppo leggere per novembre e troppo consumate da tutti i tuoi guai per resistere all’acqua. Vorrai semplicemente qualcuno che ti presti il suo ombrello per un po’ finché il tempo non si sistemi e che ti allacci le scarpe prima di cadere. 

Ero lì immobile di fronte alla finestra e ripensavo a tutto questo. Ero lì di fronte alla finestra e non capivo se vedessi sfuocato per colpa della pioggia o delle lacrime. Tutto attorno a me si muoveva: le gocce, le persone, i treni, i bus, le bici, il tempo. Ma io stavo lì, ferma a pensare a dove avevo lasciato l’ombrello.

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A cura di: Silvia Cazzaro.
Immagine di copertina:
Aidan Roof da Pexels.

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Studentessa di Lettere moderne che non sa bene che fare della sua vita, così intanto scrive, legge e fotografa il mondo attorno a se cercando di capirci qualcosa.

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