Letizia Battaglia: fotografare la mafia

Letizia Battaglia: da giornalista a fotografa di vittime della mafia. Ecco come il suo lavoro diventa arte e d’esempio

Letizia Battaglia, Vik Muniz e Ai WeiWei: tre nomi, tre forme d’arte sociale. Uno speciale dedicato ai grandi artisti che hanno fatto e osservato la storia contemporanea. Gli articoli già pubblicati si trovano a questo link.

Letizia Battaglia nasce a Palermo il 5 marzo del 1935.

È sempre stata una donna di grande coraggio, mossa da un’incredibile determinazione e caparbietà. Fin da piccola si è ritrovata costretta a rapportarsi con una società estremamente maschilista.

“La società era fatta di uomini e noi donne dovevamo dipendere da loro”.

Letizia Battaglia

Letizia non crebbe come tutte le altre bambine. Il padre la chiuse in casa proibendole di uscire in seguito a un evento che la terrorizzò quando ancora era molto piccola: un giorno uscì per giocare, un uomo la seguì e si masturbò di fronte a lei.

A sedici anni si sposò col primo ragazzo che la chiese in matrimonio. Penso così di poter essere finalmente libera, di poter vivere, di avere dei figli e avere una famiglia felice.

Non andò così. Letizia stava male, ebbe due figlie ma presto cadde in depressione. Era ancora giovane e l’unica cosa che desiderava fare era continuare ad andare a scuola e studiare, ma suo marito non glielo permise.

Dopo le reazioni violente del marito, andò in una clinica in Svizzera cercando di dimenticare il passato. E lo fece con gran stile!

Una nuova vita

Letizia torna a Palermo diversa, con tanta voglia di fare e vivere la vita appieno.
Rifiuta la società sessista: per pura ribellione e affermazione personale prende in mano le redini della sua vita diventando l’unica artefice del proprio destino.
E non permetterà più a nessuno di prendere decisioni per lei.

Non crede più nell’amore – pensa che si tratti di una bugia, di un’illusione – ma crede in tutte le profonde e appassionate storie d’amore che ha avuto da quel momento in poi: nomi di ragazzi e amanti che le restano tutt’ora incisi nel cuore a ottantasei anni, chi per un motivo e chi per un altro.

A trent’anni trova lavoro come giornalista ne L’Ora di Palermo, ma la fotografia le apre un nuovo mondo.

“Capii che la fotografia mi piaceva più della scrittura, che il giornalismo non era quello che volevo fare. Con la fotografia sentii che potevo raccontare anche me stessa. Non lo capii molto, però sentii che era un qualcosa in cui potevo esprimermi.”

Letizia Battaglia

Scopre così la sua vocazione.

A day with: Letizia Battaglia

"Ho lottato tutta la vita per riappropriarmi di me e ci sono arrivata quando ho iniziato a fotografare. Per me la libertà è una necessità molto intima." – Letizia Battaglia

Posted by Freeda on Saturday, April 21, 2018

Letizia è stata la prima donna fotografa in Italia a lavorare per un quotidiano

Entusiasta e felice del suo nuovo lavoro, pensa di fotografare strade, donne, bambini, ma mai la mafia. Eppure, dopo tre giorni dall’inizio avviene il primo omicidio.

Quando ci dissero: “Correte, c’è un omicidio nella campagna”, cominciai a tremare. Un morto, lì da qualche giorno. Un odore terribile. C’era un ulivo che si muoveva col vento e portava a giro questo odore.

E lì pensavo che si potesse muovere da un momento all’altro e invece non si muoveva più, per niente. Così cominciò una storia, durata diciannove anni dentro il quotidiano l’Ora di Palermo.”

Letizia Battaglia

Come reporter del quotidiano, Letizia esce sempre con la macchina fotografica e nonostante abbia accesso alle scene del crimine, la polizia e altri giornalisti l’allontanano sempre. Comincia a gridare, a fare i capricci, a imbarazzare.

“La Rai passa, la televisione passa, i maschi passano, perché io no?”

Letizia Battaglia

Letizia si ritrova sola in un mondo di soli uomini dove riesce a farsi valere e rispettare: presto diventa una fotografa di vittime della mafia.

«Letizia Battaglia – Shooting The Mafia»

Stasera con «Letizia Battaglia – Shooting The Mafia» scopriamo la storia della straordinaria fotografa palermitana che ha sfidato l'autorità maschile, la cultura e la società pervase dalla mafia. Intrecciando interviste e testimonianze d’archivio, Kim Longinotto racconta la vita di un’artista passionale e coraggiosa, mostrando non solo un’esistenza straordinaria e anticonformista, ma anche uno spaccato di storia italiana.Appuntamento stasera alle 21.15 su Sky Arte!

Posted by Sky Arte on Thursday, November 26, 2020

Ogni giorno c’è un omicidio. Una mattina addirittura quattro. La situazione è dolorosamente forte, insostenibile anche a livello psicologico. Mette Letizia e l’Italia intera in ginocchio.

Prima il giudice Scaglione, poi Gaetano Costa e tanti altri tutti in fila.

“Morivano uno dietro l’altro e noi ci si chiedeva come fosse possibile ciò che stava accadendo. Era troppo.
Eravamo collegati alla radio della polizia e correvamo di corsa con la vespa o con il taxi. Tutto era drammatico. Sono stati anni drammatici che hanno lasciato ferite forti.

La vita per noi fotografi, giornalisti, poliziotti, carabinieri era cambiata, non era più la stessa. Non si può essere veramente felici dopo aver vissuto questo orrore. Fotografare il dolore di quelli che rimanevano era imbarazzante: li amavi ma dovevi fotografarli.”

Letizia Battaglia

Arrivano Falcone e Borsellino. C’è chi li considera eroi e Letizia in primis si fida ciecamente di loro e del loro operato. Grazie a Falcone nel 1986 avviene il più grande processo alla mafia con 474 imputati.
Letizia ha l’onore di incontrare e conoscere il suo idolo Giovanni Falcone quando, oltre ad essere fotografa, è deputato.

Poi succede il fatto.

“Era domenica ed ero da mia madre. C’era la televisione accesa, interruppero i programmi e diedero la notizia, terribile notizia. Io non andai, non ebbi la forza di andare, ma chiamai un taxi per farmi portare al pronto soccorso. Dissero che Falcone era ferito, non morto. Forse morì in ambulanza ma era ancora vivo e io aspettai Falcone e sua moglie per ore, in piedi.

Io non volevo più fotografare. Non volevo più raccontare storie di sangue. Io Falcone lo amavo, era una di quelle persone buone e io non volevo fotografarlo ammazzato, questo è il punto. E ora ne ho il rimpianto. Se ci ripenso, io non sono mai stata in pace”.

Letizia Battaglia

Dopo Falcone, è il momento di Borsellino. Letizia arriva sul luogo del crimine ma si blocca, non riesce a scattare. Le foto che non ha fatto sono quelle che più le fanno male, come se avesse mancato di rispetto a loro.

La mafia ha fatto fuori le speranze della brava gente e Palermo, l’Italia intera si sveglia. Giovani, adulti e anziani prendono coraggiosamente posizione.

“La paura non deve condizionarci. La paura è un lusso: io non posso avere paura, noi non dobbiamo avere paura. Io mi sento libera, perché sono libera dentro. Io credo molto nella generazione futura, moltissimo. E credo moltissimo in quello che potranno fare i bambini di oggi. Non ho sensi di colpa.

Sicuramente il mio comportamento può non essere piaciuto a un figlio, a un amante, a un amico, ma io non sono colpevole di niente. Ho solo dato il massimo nel portare avanti un lavoro, un impegno. E questo è già tanto. Però che non mi rompano i coglioni gli altri, perché io voglio continuare a vivere finché respiro.

Letizia Battaglia

Letizia Battaglia è adesso una vecchietta ottantaseienne. Vecchietta sì, ma solo se si parla di rughe e camminata: i suoi capelli cambiano colore continuamente, dal fucsia al blu. Lei rimarrà sempre una ragazzina con l’anima ribelle, difensora della giustizia quando si ritrova con le spalle al muro.

(Immagine di copertina: Letizia Battaglia official, Facebook)

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Pratese, illustratrice e aspirante tatuatrice. Frequento il Master di tatuaggio artistico all'Accademia di belle arti di Udine e comunque a cinquant'anni voglio diventare sindaco del mio paesino nella Maremma. Insaziabilmente curiosa di sapere, fare e conoscere, mi piace anche parlare. Multitasking insomma!

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