Il rock frizzante delle Wet Leg – Recensione

wet leg

Cigolii, allitterazioni, bridge sussurrati e l’apatia più interessante che vi abbiano raccontato. Tutto questo è l’esplosivo album di debutto delle Wet Leg.

Apriranno il prossimo tour europeo di Harry Styles nel 2023, dopo aver riempito la platea del Park Stage a Glastonbury, ma è solo per scacciare la noia che nel 2019 Rhian Teasdale e Hester Chambers (la mora e la bionda o la voce e la chitarra) avevano messo su il progetto di un rock band. Raccontano di averlo fatto su un traghetto, molto probabilmente uno di quelli che fa la spola tra Isola di Wight e madrepatria Inghilterra trasportando i veri “Wet Leg”, che è come sono soprannominati gli abitanti non originari dell’isola. Ad ogni modo, se questa terminologia dovesse passare alla storia sarà ormai grazie alle due ventottenni che l’hanno scelta per intitolare il loro progetto musicale, perché il rock delle Wet Leg, condensato nel loro primo omonimo album, spacca. E noi non aspetteremo un secondo in più per raccontarvi il perché.

Dettaglio dalla copertina dell’album Wet Leg (2021)

Il surreale come cura per la noia

Tra stile Boho e anni ’90, le Wet Leg giocano su quanto sia surreale quella che chiamiamo realtà

Durante i live, i cui spezzoni hanno contribuito a renderle conosciute in rete, potrebbero assordarvi con un ritmo di batteria o fare pratica con l’urlo più lungo che gli riesce (come fa Rhian nel bridge di Ur Mum) ma lo faranno rigorosamente avvolte in large tuniche bianche e con un fiore tra i capelli. Capire lo stile musicale delle Wet Leg è più facile se si da attenzione anche al lato visivo, nel loro caso un elemento del tutto complementare.

Chi sono queste artiste? Potrebbero essere delle hippie allucinate quando salgono in piedi su un cavallo a dondolo nel video della loro prima hit Chaise Longue, o delle allucinate e basta quando guidano per l’Isola di Wight con delle chele di granchio al posto delle mani sulle note di Wet Dream, o, ancora come nel video di Ur Mum due adolescenti degli anni ’90 che lavorano in un minimarket e si esibiscono nei circoli del paese. L’ultima verosimile ipotesi è che le Wet Leg siano due millennial come noi, che indossano la moda anni ’90 chiamandola vintage, che fanno delle foto assurde sentendosi per un attimo più interessanti, regolano la saturazione al massimo e le pubblicano su Instagram, e tornano subito dopo a scorrere il feed rendendosi conto che non per quello la vita gli è cambiata.

Avrebbe perfettamente senso se fosse così, perché andando oltre l’atmosfera da fumetto misto ripresa su pellicola, è di apatia che parlano i testi del loro primo album. Non è un apatia, lamentosa, straziante, melodrammatica. È come se ci dicessero: siamo giovani, siamo donne, siamo vive, ma non ce ne importa niente di tutto quello di cui ci dovrebbe importare. E va benissimo così, perché l’apatia ci rende anche forti. Se negli anni ’90 per estraniarsi dal mondo si usava la droga a questa generazione basta immergersi nella noia così forte da sognarci sopra, ad occhi aperti.

It used to be so fun

Now everything just feels dumb

I wish I could care

And now I’m almost 28, still getting off my stupid face

A fucking nightmare, I know I should care

Right now, I don’t care

Tratto dal brano I Don’t Wanna Go Out

Ci annoia uscire e fare le cose di sempre e un po’ ci annoiano anche l’amore e il sesso, tanto che sembra assurdo considerarli scandalosi. “Cosa ti fa pensare di essere abbastanza per pensarmi mentre ti tocchi?” chiede genuinamente la cantante in uno dei tanti loop di Wet Dream. Poche tracce dopo – in Piece of Shit – troviamo una ragazza disposta a qualunque ammissione pur di levarsi di torno il fidanzato che la sta lasciando e le chiede di prendersi tutte le colpe. Se un tantino di sofferenza per amore c’è anche in Wet Leg, è ribaltata. Mai rabbiosa, mai rinfacciata, Being in Love (essere innamorati) può essere interessante, ricorda una sensazione di fastidio allo stomaco, di distrazione involontaria, ricorda come è sentire qualcosa. Per l’appunto come è non essere annoiati.

Ancora, potremmo raccontarvi di Angelica, un perfetto alternarsi tra schitarrate rock e strofe dream pop, ma anche il nome di una ragazza che sta andando a una festa: lo fa perché c’è la birra gratis, non perché vuole parlarti, tantomeno ascoltare la tua band o seguirti su Instagram, quindi lasciala in pace. E mentre nel testo inseriscono ogni tipo di frase che fa guadagnare all’istante l’epiteto di acida alla donna che la pronuncia, le Wet Leg ti costringono a tradimento a ballare, perché in circolazione c’è poca roba coinvolgente come il loro ritmo.


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Un sound ricercato e cigolante

Sotto contratto con la Domino Records e affiancate in studio di registrazione dal produttore dei Fontaines D.C., Dan Carey, durante la registrazione del loro primo album le Wet Leg hanno seguito la religione dell’allitterazione e del loop, partendo principalmente da dei giri di batteria. Nei loro rumorosi – non per questo fastidiosi – brani è possibile e piacevole perdersi, nell’infinita ripetizione di suoni e concetti che le due componenti sembrano quasi voler scalfire nella pietra (o nel subconscio dell’ascoltatore). Dopotutto, tornando alla noia, cosa la rappresenta meglio di un loop?

A spezzare la catena delle loro coloratissime ed infinite routine ci sono brigde fenomenali e sopra le righe, che talvolta valgono tutta la canzone e che puntualmente le fanno diventare virali in rete: come nel caso di Too Late Now, in possesso di un bridge tanto onirico e mastodontico rispetto al resto della canzone che prende il posto della strofa. Del resto abbiamo capito che per le Wet Leg è importante stupirci e il bridge è loro momento prediletto per farlo, fermando l’esibizione, sussurrando o urlando a squarciagola tutto quello che vogliono.

Infine l’impercettibile cigolio onnipresente, nelle chitarre e nella voce naturale di Rhian Teasdale, è una cifra stilistica non dichiarata e la perfetta distorsione che segna il passaggio tra surrealismo e realtà. Esattamente come quando in un sogno ci si rende conto di un elemento fuori posto, si intuisce che non può essere reale e che presto quel luogo dovremo abbandonarlo.

Per fortuna almeno le Wet Leg in carne ed ossa sono realtà e per ora da questo sogno non ci sveglia nessuno.


IL 25 OTTOBRE LE WET LEG SUONERANNO AI MAGAZZINI GENERALI DI MILANO

LA NOSTRA REDAZIONE SARA’ LI’ PER RACCONTARVI IL CONCERTO

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Questo articolo di Rolling Stone Italia è stato usato come fonte

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Studentessa di Giurisprudenza che mangia Pop Culture a colazione e ve la racconta nel tempo libero. Trovo sempre il pelo nell'uovo ma non per questo disprezzo la frittata. Metà ironica, metà malinconica. Da grande voglio fare la Mara Maionchi. (@jadesjumbo)

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