“Te l’avevo detto”: un affresco della società moderna firmato G. Elkann

Le storie dei protagonisti, alle prese con difficoltà e dipendenze, si intrecciano in una Roma che brucia dal caldo.

Un film arguto sulle dipendenze del mondo moderno

Ginevra Elkann, giunta al suo secondo film, stupisce con un dipinto schietto di una borghesia romana decadente, alle prese con attanaglianti mancanze, inevitabilmente sfociate in dipendenze difficili da superare. Il tutto ambientato in uno scenario apocalittico, la città eterna sconvolta da un’ondata di caldo anomalo. Chiara Barzini e Ilaria Bernardini hanno scritto insieme alla regista la sceneggiatura durante il periodo pandemico. Il film è uscito nelle sale italiane il 1 febbraio 2024.

L’ambientazione del film: una Roma pre-apocalittica

Il film è ambientato in un gennaio romano decisamente atipico, sconvolto da un’ondata di caldo asfissiante, in cui alle decorazioni di Natale fanno da contraltare le colonnine di mercurio che segnano 30 gradi. Nell’esprimere il calore opprimente, assume un ruolo fondamentale il lavoro eccelso del direttore della fotografia, Vladan Radovic. I toni sempre più verso l’arancione rendono ottimamente l’effetto “sauna”, tanto da farlo avvertire anche agli spettatori in sala.

Il tema del caldo nella storia del cinema

Ginevra Elkann ha usato nel suo film il tema del caldo, sia per richiamare la drammaticità del cambiamento climatico in atto, sia per far emergere all’ennesima potenza i lati caratteriali dei protagonisti, portati allo stremo dal clima rovente. Nella lunga storia cinematografica, altri registi hanno rappresentato nei loro lavori il caldo asfissiante. Si può fare un parallelo con Canicola di Ulrich Seidl, in cui sei storie di infelicità e violenze sono esacerbate dal clima torrido, e con Un tram che si chiama desiderio, film del 1951 diretto da Elia Kazan, in cui la protagonista, interpretata magistralmente da Vivien Leigh, è schiava dell’alcool e del sesso, il tutto ambientato in una New Orleans bollente.

I personaggi: maschere alle prese con le proprie ossessioni

Ogni personaggio rappresentato vive un intenso malessere e combatte con una dipendenza. Gianna (Valeria Bruni Tedeschi) è una madre che non riesce ad accettare la morte del marito, ha un rapporto distaccato con la figlia (che soffre di bulimia) e prova livore per Pupa, ex pornostar dipendente dalla chirurgia plastica, interpretata magistralmente da Valeria Golino. Alba Rohrwacher intrepreta Caterina, una giovane madre alle prese con il demone dell’alcolismo, in cerca di recuperare il rapporto con il figlio, con il marito (Riccardo Scamarcio), ma soprattutto con se stessa. Sia Gianna che Caterina si confessano a padre Bill (Danny Huston), sacerdote segnato dal rapporto difficile con la madre, sfociato in una tossicodipendenza da cui fatica a uscire.

La narrazione non giudicante

Il racconto di Ginevra Elkann vuole mettere in risalto le difficoltà dei protagonisti, ma senza giudicare, cercando altresì di comprendere e di aiutare. “Te l’avevo detto” è la frase incriminata, che evoca una certa superiorità morale in chi la dice e che nel film la regista vuole confutare. Nessuno può infatti dirsi libero da debolezze e ossessioni ed è più importante empatizzare che sentenziare.

Il tema della famiglia nel film

La famiglia è sicuramente al centro della narrazione del film. Famiglia che in alcuni casi può essere salvifica e in altri estremamente disfunzionale. In riferimento a Caterina, la ricostruzione del rapporto con il figlio e con il marito può essere un primo passo verso una risoluzione del conflitto, ma sicuramente non quello decisivo. Nel caso di padre Bill, il difficile rapporto con la madre lo segnerà per tutta la vita, ma è il ritorno provvidenziale della sorella a salvarlo da un tentativo di morte auto inflitta.

Un finale criptico

Il vagabondare dei personaggi, alla ricerca di un modo per resistere all’insopportabile clima, sembra lasciare più interrogativi che soluzioni e si esplica nel finale estremamente criptico e dai sapori metafisici. Il fascino del non-finito di michelangiolesca memoria rende la rappresentazione più impattante e fa quello che un grande film dovrebbe fare: lasciare lo spettatore diverso da com’era prima di vederlo.

Tutte le immagini sono tratte dal film Te l’avevo detto di Ginevra Elkann, distribuito da Fandango.

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