West Side Story – Steven Spielberg dirige il suo primo musical

West Side Story è un musical di cui abbiamo ancora bisogno nel 2021, ma forse non serviva un remake, anche se d’autore.

Cogito et Volo dedica anche quest’anno una particolare attenzione alla corsa agli Oscar 2022, con approfondimenti sul sito e contenuti extra su Instagram e Facebook. Daremo un’occhiata da vicino a tutte le dieci pellicole candidate per il miglior film, con recensioni e curiosità, e commenteremo i risultati finali all’indomani della notte degli Oscar, che si terrà il 27 marzo. Qui trovate tutti gli articoli già pubblicati.

A cinquant’anni dall’uscita nelle sale del West Side Story diretto da Jerome Robbins e Robert Wise, torna nelle sale il remake del celeberrimo musical scritto dal grande Stephen Sondheim e musicato da Leonard Bernstein tra il 1953 e il 1956. A dirigere la nuova pellicola è nientepopodimeno che Steven Spielberg che, per la prima volta in quasi mezzo secolo di carriera, si trova a dirigere un musical.

Il film è candidato a sette premi Oscar, tra cui miglior film, miglior regia e miglior costume. Avrà qualche chance?

Se Romeo e Giulietta fossero nati nell’Upper East Side

La trama di West Side Story è nota, bene o male, a tutti. Siamo a New York, nell’Upper East Side, agli inizi degli anni Cinquanta. Ad affollare le vie del quartiere ci sono due gang rivali composte da giovanissimi ragazzi: gli Sharks e i Jets. I primi sono immigrati di origine portoricana, i secondi sono newyorkesi doc. I Jets combattono per mantenere il controllo sul “loro” territorio; gli Sharks, per lo più immigrati di seconda generazione, vogliono invece sentirsi accettati senza essere costretti a rinunciare alla propria identità e alla propria lingua.

A rendere più forte il contrasto tra i due gruppi c’è il tentativo da parte dell’amministrazione della città di riqualificare l’area e di renderla un quartiere residenziale, dove non c’è posto per furberie e ragazzini sbandati. Infine, la famosa goccia che fa traboccare il vaso: Tony (interpretato qui da Ansel Elgort), membro dei Jets, da poco uscito di prigione, si innamora di Maria (Rachel Zegler), la sorella del capo gruppo degli Sharks, Bernardo (David Alvarez).

Si innesca una reazione a catena senza freni e senza possibilità di salvezza a là Shakespeare: come moderni Montecchi e Capuleti, le due gang rivali diventano sempre più feroci, terrorizzando le vie del quartiere, mentre tra Tony e Maria cresce un amore potente e passionale, destinato a divampare.

Perché produrre West Side Story nel 2021?

West Side Story è una storia potente perché tratta di numerosi temi, ancora oggi scottanti. West Side Story, lungi dall’essere una storia d’amore, è uno spaccato sulla realtà sociale americana (e non). I temi messi sotto il riflettore sono tanti: l’immigrazione, l’inclusione, il decoro pubblico, l’omosessualità e la transessualità; si parla di emancipazione femminile e di cultura dello stupro. Se si pensa che è stato scritto negli anni Cinquanta, sembra a dir poco una sceneggiatura rivoluzionaria.

La versione di Spielberg è praticamente identica all’originale: alcune canzoni sono state accorciate, qualcuna eliminata, per questioni di minutaggio; in alcuni punti i testi sono stati svecchiati e resi meno offensivi, soprattutto da un punto di vista razziale. Tuttavia, le parole di Sondheim risultano tanto potenti ora quanto all’epoca del debutto a Broadway.

Un musical come West Side Story sembra allora necessario nel 2021, in questo delicato momento storico: oggi, quando ancora si innalzano muri di cemento e fil di ferro tra i confini; oggi, quando il decoro pubblico è più importante dell’aiuto e dell’assistenza; oggi, che la comunità femminista e transfemminista si sta facendo sentire. Oggi c’è bisogno di parlare di tutto questo, e West Side Story lo fa a gran voce, cantando e ballando con ritmi forsennati.

Ma…c’è un ma

Dato che stiamo pur sempre parlando di premi Oscar, veniamo al dunque: West Side Story ha qualche possibilità di vittoria? No, non credo. Non come miglior film, almeno. Perché nonostante la realizzazione sia ottima e Steven Spielberg utilizzi delle tecniche visivamente molto potenti e bellissimi giochi di luci e colori, non aggiunge niente di nuovo a quello che questo importante musical da sempre già è. Non c’è niente che lo renda particolare, nuovo, intrigante. È bello, ma lo è da sempre. È un musical che ha segnato la storia del genere e ha riempito i teatri di Broadway per almeno dieci anni consecutivi.

La nota che più stona è la scelta degli attori protagonisti. Rachel Zegler, in particolare, svuota e indebolisce il personaggio di Maria, così energico e importante nella prima versione cinematografica. Tanto da venire completamente schiacciata dalla coprotagonista, Anita, interpretata Ariana DeBose, talmente brava da meritarsi, soprattutto per la sua versione di America, la nomination come miglior attrice non protagonista. E la stessa cosa vale per Tony, svilito dall’importante caratterizzazione che Mike Faist ha saputo dare al suo Riff, capo dei Jets e miglior amico del protagonista.

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Tutte le immagini sono tratte dal film. Presto sarà disponibile su Disney+.

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Laureata in Scienze filosofiche e ora studentessa del Master Professione Editoria cartacea e digitale a Milano. Quando non leggo, scrivo. Quando non scrivo, guardo film. Quando non guardo film, parlo ai miei amici dei film che ho appena visto. Quando non faccio nessuna di queste cose di solito sto cercando di replicare qualche ricetta di Masterchef.

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