Alessandro D’Avenia alias il Prof 2.0 che ispira non solo i giovani

L’amore per la vita e la dedizione verso il proprio mestiere: percorrendo le lezioni impartite da Alessandro D’Avenia

Alessandro D’Avenia, classe ’77, è un professore e uno scrittore entusiasta della vita. Ha pubblicato cinque libri con Mondadori esordendo, nel 2010, con il suo primo romanzo tradotto in più di 20 lingue, Bianca come il latte, rossa come il sangue. In  seguito ha condiviso altre produzioni scritte di successo quali Cose che nessuno sa, Ciò che inferno non è o L’arte di essere fragili: come Leopardi può salvarti la vita . Dal 2018 pubblica ogni lunedì la rubrica Letti da rifare sul Corriere della sera, con un totale di 66 articoli e dal 2019 Ultimo banco ha preso il posto della precedente sezione.

Ha un blog intitolato Prof. 2.0 ed è presente anche su Instagram con 130 mila followers affezionati negli anni. Durante la quarantena ha intrattenuto il suo pubblico illustrando, negli IGTV, alcune famose storie d’amore come quella tra Giulia Masina e Federico Fellini o Silvia Plath e Paul Hughes prendendo spunto dal suo ultimo romanzo Ogni storia è una storia d’amore.

I libri di D’Avenia hanno come protagonisti gli adolescenti, un universo che il professore conosce particolarmente bene dato che insegna Lettere in un liceo. Lo stile nei suoi romanzi è originale perché snocciolando le storie con le parole più raffinate riesce a instaurare un rapporto particolare e un legame affiatato con il lettore. Quest’ultimo si sente accolto nella casa in cui nessuno giudica o ribadisce i suoi difetti, anzi… Colui che legge è accompagnato mano nella mano tra le pagine con delicatezza e lealtà.

Una volta terminato il libro si percepisce di aver dialogato silenziosamente con un amico dall’atteggiamento rassicurante. Ogni lettore ha l’intimo bisogno di essere rassicurato anche tra le righe e questo desiderio viene ampiamente realizzato perché ci si sente compresi e soprattutto incoraggiati. E quando si ha l’esigenza di essere spinti verso la vita pur attraversando una crisi interiore? Molto spesso, ma soprattutto da adolescenti.

Lo scrittore accompagna gli ascoltatori verso un nuovo modo di concepire questa fase dell’esistenza. Da bambini si dispone di un’intrinseca sicurezza di se stessi perché I bambini hanno perfettamente chiaro che la loro vita è una vita grande, è una promessa.”  Nell’adolescenza tutto cambia. Ci si sente spesso in crisi e in balia di un tumulto di sensazioni, insicurezze, angustie ed idee. Tuttavia la crisi è il momento in cui si cresce e si matura creandosi la propria strada.

Durante l’adolescenza avviene infatti la costruzione di se stessi, e si lavora nella fucina della frustrazione per scrivere il proprio copione, designare la propria identità e in questo processo “vi è tanta paura quanta esaltazione”.
Il modo con cui D’Avenia espone i suoi pensieri giunge forte e chiaro all’adolescente che c’è in ogni futuro acerbo o assodato adulto che prova sentimenti contrastanti. Questo perché spesso ci si interroga su come raggiungere il successo e su quale sia il proprio talento. Il professore, tratta questi temi in molti video su YouTube:

Insegna che “il talento non è l’auto-affermazione contro gli altri” e che tutti ne dispongono. Il talento si coltiva per rendere il mondo più bello e per innalzare l’ego degli altri, non il proprio. Afferma che la strada verso il successo è composta da fatica, fallimenti, talento e passione. Quest’ultima, etimologicamente significa sia “trasporto” sia “sofferenza”

Quando si è adolescenti spesso si cerca di imitare il canone di bellezza della società perdendo così la purezza di tale significato. Lo scrittore ricorda che i Romani riparavano le statue, rovinate a causa del tempo, versando della cera tra le crepe. Invece le statue più preziose non venivano riparate perché avevano un valore anche con quelle crepe. Da qui il significato etimologico della parola sincera”: sine cera, dal latino senza cera. Lo scrittore invita a riflettere con questo pensiero:

“Quando ci lasciamo amare da qualcuno facciamo vedere le crepe. Siamo immersi in una cultura in cui non si può essere meno che perfetti. Invece la nostra unicità passa molto di più per quello che non abbiamo rispetto a quello che abbiamo. Allora c’è lì fuori qualcuno che mi dica “Ti amo” con tanto di crepe che mi porto addosso?

Osservare la crescita personale e professionale di un insegnante competente, ricco di valori e di uno scrittore eccellente suscita vivo orgoglio in coloro che seguono il suo percorso dagli arbori. Lo scrittore è diventato un saldo punto di riferimento per i giovani e futuri colleghi. È riuscito a conquistare ed affascinare anche i genitori e i nonni raggiungendo una fetta copiosa di adulti che svolgono una funzione educativa importantissima nell’esistenza di un alunno.

In conclusione, la versatilità, la preparazione e l’empatia con cui comunica il Prof 2.0 sono le carte vincenti per mantenere l’attenzione sia dei ragazzi sia delle persone più mature. L’arte di insegnare si esercita praticandola e in ogni libro, articolo, video o post si apprende qualcosa da far germogliare dentro la propria anima con la felice conseguenza di fare pace con il protagonista della propria vita ovvero con se stessi.

“Amare una persona è farsi custodi del suo destino. Come quell’insegnante che mi prestò il libro quel giorno perché quella mattina quell’insegnante non stava pensando all’ennesima giornata di scuola noiosa da affrontare e degli alunni fastidiosi da sopportare. Nella sua biblioteca ha tirato fuori il libro che poteva servire al suo alunno. Perché la relazione si cura quando si dà all’altro ciò di cui l’altro ha bisogno e ci si prende cura del mondo così solo quando si ha qualche cosa da portare nel mondo. Se io oggi a 40 anni sono un insegnante felice è perché a 17 anni un uomo mi ha prestato il suo libro di poesie preferito.”

Il professore che gli prestò il suo libro di poesie
Si consiglia la visione di questo video

Tutti noi qua dentro abbiamo questo stesso problema: la mattina ci alziamo e cerchiamo una ragione, una prestazione attraverso la quale finalmente possiamo essere qualcuno e questo genera in noi quella paura di vivere, quella “stanchezza di vivere” come la chiama un filosofo perché perché abbiamo trasformato il nostro “io” in una prestazione.

Le nostre vite assomigliano a delle cipolle. Abbiamo tanti strati con cui cerchiamo di definire la nostra identità ma il nucleo profondo non si sa dove sia andato a finire. “Io sono di questa città, io faccio questo lavoro” e cerchiamo di costruire sulla periferia del nostro “io”, identità in modo che il nostro essere non cada nel nulla perché ve lo ripeto… Noi abbiamo un unico problema: come si fa a non far cadere le cose nel nulla. E questo ci fa paura, questo ci stanca.

Immagine di copertina: https://www.profduepuntozero.it

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Mi chiamo Andreea e studio presso l'Università degli Studi di Udine. Adoro i bambini, la musica, i film e le sorprese. Mi piace scrivere e leggere. Nutro un affetto particolare per i classici perchè mi insegnano qualcosa di nuovo ogni volta che li rileggo. Il mio libro preferito è "Il fu Mattia Pascal" di Pirandello. La mia citazione preferita è: "Per angusta ad augusta".

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