Il grande inquisitore di Dostoevskij: il peso della libertà

Duecento anni fa nasceva Fëdor Dostoevskij e con lui iniziava una delle più grandi stagioni letterarie di sempre

Se Dostoevskij ritornasse come per magia oggi, nel 2021, cosa direbbe? Cosa scriverebbe? Non si può certo dire che questo pensiero non sia mai balenato nella mente dei lettori voraci, che di queste fantasie se ne fanno parecchie. Parlando dell’autore russo si può facilmente pensare che poco sarebbe cambiato nelle opere e nei suoi articoli.

Dostoevskij descrive un uomo moderno e tremendo, acuto e mancante di scrupoli, disorientato senza essere perso e scettico nelle proprie certezze. L’uomo del sottosuolo- prototipo del protagonista dostoevskijano-difficilmente non potrebbe essere riconosciuto come un uomo o una donna dei nostri giorni, difficilmente ci sarebbe qualcosa da aggiungervi. La contemporaneità di Dostoevskij è palese in un suo poema inserito abilmente nel maggiore dei suoi romanzi, “I fratelli Karamazov“. Nella bocca nel più razionalista dei fratelli, Ivan, vien fuori una dei ritratti più angoscianti e belli del peso esistenziale dell’uomo.

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Ritratto di Fëdor Dostoevskij. Credits: Wikimedia Commons

Un Dio fuori luogo

In una Spagna seicentesca soggiogata dalla Santa Inquisizione va in scena il dialogo tra il cardinale Grande Inquisitore e Cristo in persona, ritornato sulla terra. L’inquisitore ha riconosciuto Gesù e non è uno sbaglio l’ordine di arresto, ma una precisa volontà di far sì che non nuoccia. In una prigione carica delle crudeltà del mondo, colui che dovrebbe essere il servo rimprovera il proprio Dio di essere “fuori luogo”. Due visioni del mondo diverse a confronto: da una parte l’istituzione secolare e pragmatica e dall’altra l’essenza del bene per definizione. Inconciliabili, sembra. Ma sviscerando il racconto possiamo trarre diverse considerazioni.

Non c’è nulla di più ammaliante per l’uomo che la libertà della propria coscienza: ma non c’è nulla, del pari, di più tormentoso.

il Grande Inquisitore
Il grande inquisitore - Fëdor Dostoevskij - copertina
Il grande inquisitore- Fëdor Dostoevskij. Credits: IBS.it

Il fardello della scelta

Il poema è un j’accuse che il Grande inquisitore rivolge a Cristo, ormai in carcere e neutralizzato. Non è un dialogo, infatti Cristo non pronuncia mai una parola ed è il Cardinale inquisitore a esporre la propria visone del mondo e quella opposta di Gesù. Il leitmotiv della storia è composto dai temi universali che l’uomo affronta da millenni: il libero arbitrio e la capacità di discernere il bene dal male. L’inquisitore detiene una visione dell’uomo come un essere spregevole, traditore, vile e inetto. Non può un essere così mesto produrre qualcosa di buono, semplicemente non è in grado di scegliere senza pensare prima alle proprie voglie. Il fardello della scelta, della libertà quindi, non è altro che un fardello, un qualcosa di cui l’uomo si libererebbe agevolmente in cambio di pace e serenità. L’inquisitore parla di pane come l’unica preoccupazione che realmente muove l’uomo, senza la soddisfazione delle quali non può esserci libertà.

Ti giuro, l’uomo è stato creato più debole e più vile di quanto tu pensassi! Può forse eguagliarti in ciò che hai fatto? Stimandolo tanto, hai agito come se cessassi di averne compassione perché troppo hai preteso da lui, e chi ha fatto questo: Colui che l’amava più di se stesso! Se lo avessi stimato di meno, avresti preteso anche meno da lui, perché più lieve sarebbe stato il suo fardello

Il Grande Inquisitore
I fratelli Karamazov - Fëdor Dostoevskij - copertina
I fratelli Karamazof- – Fëdor Dostoevskij. Credits: IBS.it

Perché sia felice, l’uomo va ingannato

Le tinte fosche con cui l’inquisitore dipinge l’essere umano, portano volontariamente alla domanda: l’uomo ha mai chiesto di essere libero? Gli uomini desiderano essere liberi ma ne hanno una naturale paura perché renderebbe loro potenziali carnefici di sé stessi. L’inquisitore è sicuro: perché sia felice, l’uomo va ingannato. La persona va soggiogata tramite miracolo, mistero ed autorità: continuamente stupefatta dalla dimostrazione di potere sovraumano (il miracolo), abbagliata dall’incomprensibile (il mistero), se si ribella costretta a rientrare nei ranghi (autorità). Bisogna mentire facendola credere di essere libera in nome di quel Dio che, invece, proprio per la libertà della persona ha versato il suo sangue.

Abbiamo corretto la tua opera, fondandola sul miracolo, sul mistero e sull’ autorità. E gli uomini si sono rallegrati di essere guidati di nuovo come un gregge e di vedere il loro cuore finalmente liberato da un dono tanto terribile che aveva arrecato loro tanti tormenti.

Il Grande inquisitore
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Casa- museo di Dostoevskij, San Pietroburgo. Credits: Wikimedia Commons

Una società gerarchica

Il Grande inquisitore nelle sue argomentazioni non nasconde un paternalismo esasperato che porta a vedere l’uomo come un perenne bambino. Dio non ha amato l’umanità. Se l’avesse fatto avrebbe dato la capacità di essere liberi, oltre che la facoltà. Il bene dell’uomo sta nel sottrargli il fardello della scelta e qualcuno di forte e coraggioso deve farsene carico. Ecco che l’inquisitore si palesa per quello che crede che sia: è lui il vero benefattore, lui che salva il mondo, lui che nel porre l’uomo sotto un potere in realtà lo libera dalla preoccupazione.

Il pensiero dell’inquisitore non ha certo un solo figlio, e non mancarono nel passato né tantomeno oggi coloro che continuano a condividerlo. In una società così concepita, l’umanità si divide in due parti: i pochi che si sono presi il rischio di scegliere, ed i moltissimi che non farebbero che soffrire se li si lasciasse liberi. La società del Grande Inquisitore è dunque una società fortemente gerarchizzata dove l’apice si prende la responsabilità di scegliere cosa è giusta o sbagliato, di condannare o assolvere. Una società talmente diseguale che a noi fa paura al solo pensiero.

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Credits: Patrick Hendry on Unsplash

La risposta è che non c’è risposta

Dostoevskij riesce sempre a non far trasparire il proprio pensiero attraverso un solo personaggio, ed infatti possiamo star certi che non si identifichi con l’inquisitore. Però il personaggio del cardinale inquisitore rappresenta sicuramente un lato del suo pensiero. Il discorso del grande inquisitore è conseguente ad un razionalità estremamente cinica e brutale nel suo argomentare, quasi inscalfibile dialetticamente. Il Grande Inquisitore è l’incarnazione di un pessimismo della ragione privo di speranze, talmente sincero nel descrivere la bassezza dell’uomo da essere esasperante.

Tuttavia esiste una speranza, o almeno Dostoevskij ce la vuole dare. Cristo non risponde alle accuse e alle minacce dell’inquisitore, ma inaspettatamente si alza e lo bacia. Un gesto semplice che lascia senza parole l’inquisitore e salva Cristo dalla condanna al rogo. Qua sta tutta la spiritualità profondamente cristiana di cui è intrisa l’opera tutta di Dostoevskij. La ragione porta ad un’autodistruzione pessimistica che inghiotte l’uomo in un buco nero.

Non serve controbattere al grande inquisitore perché non sono gli argomenti a favore della libertà che salveranno la libertà. Cristo con un gesto testimonia la concezione antropologica totalmente contraria di Dio. L’uomo non è tutto mente e non troverà mai risposta definitiva né pace in se stesso. Dio è l’unico che possa tracciare la linea tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, l’unico che abbia predicato la libertà non come concetto ma azione quotidiana, semplice e ripetuta. Cristo è la risposta vivente e silenziosa al Grande Inquisitore.

“E lo lascia andare per “le oscure vie della città”. Il prigioniero allora si allontana”

“E il vecchio?”

“Quel bacio gli brucia nel cuore, ma il vecchio non muta la sua idea.”

“E tu con lui, vero?” esclamò con amarezza Alëša. Ivàn scoppiò a ridere.

Dialogo tra Ivan e Alëša, subito dopo il racconto del poema
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Credits: Ricardo Gomez Angel on Unsplash

Chi è l’uomo, se ne può avere fiducia?

Ma i laici? È necessario postulare l’esistenza di Dio perché si possa distinguere bene dal male ed essere pienamente liberi? Le domande che Fëdor Dostoevskij ci pone nel poema non sono soltanto di interesse religioso ma pongono un dilemma cruciale per la modernità: chi è l’uomo, se ne può avere fiducia? La domanda è sempre attuale, ognuno di noi se la pone forse ogni giorno nei confronti delle persone che incontra, e prima ancora a proposito di se stesso. Non riguarda soltanto le relazioni personali, ma anche l’organizzazione della società. A questo proposito Dostoevskij descrive esclusivamente la società del Grande inquisitore, lasciando invece dietro le quinte, alle spalle del gesto d’amore di Cristo, un possibile modello alternativo. Forse , usando come misura l’uomo , prospettarne uno è meno difficile.

Del resto, non è il riconoscimento “terreno” e storico della dignità della persona umana la radice della distinzione tra il bene e male? Anche se l’uomo non fosse un progetto di Dio, non sarebbe proprio il rispetto nei suoi confronti il parametro del discernimento? Il rispetto , un rispetto non coinvolto fino all’amore, che sorvola su simpatia e antipatia, che chiede solo riconoscimento dell’altro in quanto essere umano, vicino o lontano, ateo credente, di qualsiasi pelle, etnia, cultura, religione consente all’uomo di vivere insieme ai suoi simili senza tormenti. Il rispetto tanto dell’amico quanto dell’avversario.

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Credits: Tim Mossholder on Unsplash

Riconoscersi per emanciparsi

Nel corso del tempo, tante difficoltà ma anche tanti progressi nel riconoscimento dell’altro: le differenze contano meno, e anche se le ricadute sono drammatiche e tragiche, la tendenza nel lungo periodo è quella di ritrovarsi sempre più simili. Si tratta di un riconoscimento che tende verso l’altro, verso la dignità, non verso la miseria: ci si può riconoscere infatti come gli esseri incapaci , vili, abbietti nei quali il Grande Inquisitore individua gli esseri umani; ma ci si può riconoscere invece come esseri che, per quanto imperfetti, sono in grado di emanciparsi.

E che colpa hanno tutti gli altri, i deboli, se non hanno saputo sopportare quello che i forti hanno sopportato? Di che cosa è colpevole un’anima debole se non ha la forza di accogliere doni così terribili? Possibile che tu sia venuto davvero solo agli eletti e per gli eletti?

Il Grande Inquisitore
ocean under blue and gray sky
Credits: Patrick Fore on Unsplash

La libertà come sforzo personale

Anche i singoli, come il genere umano, per riconoscere e rispettare hanno da fare un percorso di crescita. E crescere non è altro che il contrario della condizione imposta all’essere umano dal Grande inquisitore, quella di rimanere bambini. Non sarà certo semplice diventare adulti, ci vorranno impegno e fatica. Alla libertà, infatti, non si arriva una volta per tutte: esiste in quanto la si esercita, attraverso il pensiero e l’azione. Non basta il suffragio universale, non basta sancire che tutte le persone sono libere ed uguali per passare dall’assolutismo alla democrazia. Ci vuole molto di più. Anche la legge più perfetta rimane soltanto un pezzo di carta, se non viene costantemente attuata dal comportamento quotidiano di coloro che ne sono i destinatari. Per essere liberi occorrono impegno e fatica. Ed ancora impegno e fatica, ma questo ci donerà sempre più consapevolezza e altre prospettive di felicità.

Dostoevskij ci racconta una storia di oppressione che è cosciente di esserlo e ci dà nelle ultime righe la sua personale risposta. La risposta non è, però, univoca e ognuno di noi, religioso e no, può trovare il proprio responso al dubbio atavico che il più grande dei romanzieri russi ha saputo così artisticamente porre.

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Palermitano, classe 2000 (la famigerata). Studio storia e filosofia all'università, ma il campo accademico che più mi appassiona è la filosofia della storia (bel gioco di parole, ma è tutto vero). Cerco di reprimere l'indole eclettica ed enciclopedica che mi porta in mille direzioni diverse contemporaneamente, con scarsi risultati ad oggi. Sono convinto che la scrittura ed il linguaggio non possano mai rendere la complessità del pensiero, motivo per cui non ho risposte semplici e non pretendo di trovarle.

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