Arte in testa

La più veloce e densa raccolta che spiega – in un ipotetico diario d’artista – il perché a quei tempi quella era l’arte: dal Medioevo al 1900.

23 novembre 1354: Medioevo

Crisi economica, politica, sociale, (perché no?) sanitaria: degrado.

Povertà e condizioni di vita pessime, cosa ci resta da fare? Pregare Iddio. Della serie “o bene bene o male male”. Ciò che mi accade di bello nella giornata è per grazia divina, ma se mi si rompe la ruota del carro o la gelata manda all’aria il raccolto, son maledetto.

Ah vero! Stasera c’è la fustigazione di massa perché a Franco son spuntate tre pustole.

Menomale ci sono i signori, senza di loro Dio ci dimenticherebbe del tutto: finanziano le immense cattedrali che cercano un contatto con il cielo. Sono alte, affusolate, lunghe. Buie, misteriose, come misteriosa, intima e raccolta è la nostra professione di fede, di poveri malati e rassegnati contadini.

Duomo di Milano

30 marzo 1420: Tardogotico

Mio cugino una volta mi disse che disegnavo bene i sassi e i piccioni e fu così che scoprii di saper disegnare. I miei quadri sui piccioni non si vendevano bene e io non volevo fare la fame, così per guadagnare qualcosa decisi di propormi come “palista” d’altare nelle chiese.

Un frate mi commissionò infatti una pala d’altare per la Chiesa, quella in fondo alla strada dopo il lattaio.

« Ricordati che hai a che fare col divino. » mi sussurrò nell’orecchio.

Mamma mia, avevo paura di non render grazie e celebrare come si deve Maria che tiene Gesù Bambino sulle ginocchia. E allora daje di sfondo oro, stucchi, di legni traforati e cornici preziose. Perché per Dio non è mai abbastanza. Però le seggiole non le so fare, le gambe non mi tornano…oh io son bravo a fare i piccioni, che s’accontentino.

Madonna della quaglia di Pisanello, 1420

3 giugno 1497: Rinascimento

Io esisto, io penso e io agisco secondo come penso. Dio eleva la mia anima e il mio spirito ma se ora son famoso e ben retribuito è perché son talentuoso e furbetto.

Il buon vecchio Brunelleschi ha capito come si dipingono le seggiole, finalmente. Qualcuno prima o poi doveva farlo no?

Tutto si basa e gira intorno all’uomo, tanti si credono dei geni… poveri illusi. Ora perché Leo ha iscritto un uomo in un cerchio e in un quadrato pensa di avere un QI sopra la media e poter far volare le persone con delle ali. Si sta perdendo i’ capo.

Gli altri sono a Roma. Hanno i protettori giusti, mannaggia a loro. Raffa mi ha mandato una lettera un paio di mesi fa e dice che si trova bene ma è un po’ preoccupato per Michelangiolino che dipinge sdraiato sull’impalcatura giorno e notte. Io assecondo un parente de’ Medici, se dipingo la pala d’altare da lui offerta alla Chiesa, ci guadagno vitto, alloggio e fama. Cosa potrei desiderare di più? Forse una donna, ora chiedo al signore se me ne procura una.

Venere di Sandro Botticelli, 1485

6 febbraio 1550: Manierismo

Pochi giorni fa è arrivata la notizia del povero Lotto. È morto. Oscurato dalla fama di Tiziano.

Nessuno lo capiva, nemmeno Vasari. Aveva uno stile troppo strano, non rispondeva alle esigenze e alle tendenze della alta Venezia. Faceva a modo suo: ambienti inusuali, luci fredde, per non parlare del tavolo con i piedi umani. Mio caro Lorenzo, sei capitato nel posto sbagliato e al momento sbagliato perché se tu fossi nato a Firenze non ti saresti mai dato per vinto. Da tempo, laggiù, ognuno fa quello che gli pare.

Parmigianino fa i colli lunghi, per Pontormo tutti hanno i capelli rossi e gli occhi ravvicinati, le figure di Rosso Fiorentino fanno paura,…

Ognuno dipinge alla sua maniera e nessuno gli può dire nulla.

Deposizione di Pontormo, 1528

12 agosto 1640: Barocco

Sui giornali di oggi c’era l’ennesima sfuriata tra Bernini e Borromini, continuano ancora a farsi gli spregi. I papi se li alternano in continuazione e i due hanno crisi esistenziali. Sono esagerati, fanno a gara a chi è il più pacchiano. Le arti si incontrano nel bel composto: ori, girigogoli, stucchi, marmi colorati, bronzi, forme strane e ondulate, tutto insieme! Che bizzarrie.

Menomale che la Chiesa doveva essere umile, povera e pia. Poi da quando i cardinali vogliono tutte queste statue di donnine nude rapite? Bernini è il dio del marmo, fa bene a lavorare per chi può permettersi di pagarlo ma tutta questa ostentazione deve finire. È pesante!

Estasi di Santa Teresa di Bernini, 1644

7 maggio 1720: Rococò

Lavoro da 4 mesi a Versailles e sono giunto alla conclusione che i ricchi e gli aristocratici o fanno finta di essere stupidi o lo sono davvero.

Non fanno nulla da mattina a sera. I giovani invece di studiare (che poi solo loro se lo possono permettere), si stuzzicano tra di loro, pensano al sesso, al gioco, a profumarsi e ballare tutte le notti nei saloni. A cosa si è ridotta l’arte. Semplice e banale manifesto, i dipinti documentano vizi e virtù (poche) dell’elitè francese. Qualche scabrosa e sconcia allegoria, per il resto è un’arte superficiale.

Però lavorare qui è uno spettacolo: le stanze sono luminose e candide, l’atmosfera perennemente leggera. E festini ogni dì.

Feste veneziane di Wateau, 1718

16 dicembre 1760: Neoclassicismo

Nobile semplicità, quieta grandezza. Copio le opere delle prime collezioni private perché l’arte greca antica mi eccita. Scusate la volgarità, rettifico: mi eleva. Ah, Pompei! Quanti tesori ancora nascondi sottosuolo? E la magnifica Grecia? Tesori di civiltà ricche e pure, che con il loro spirito hanno dato vita a tali meraviglie.

Quella magia, quella eleganza, il “bello ideale” – colto perfettamente da Canova – blocca il respiro. Amore e Psiche non si baceranno mai: l’amore non è mai stato interpretato meglio. Irraggiungibile, struggente, un vortice di emozioni tormentate di giovani colti in innocenti pose amorose, naturalissime. E per ore e ore si gira intorno ai gruppi scultorei di freddo marmo, levigato all’infinito e cosparso di cera rosacea.

Amore e Psiche di Canova, 1788

11 maggio 1805: Romanticismo

È un mondo nuovo quello che mi circonda. Ricco, veloce, innovativo, eppure mi sento così vuoto. Niente commissioni! In effetti cosa se ne fanno i proprietari delle fabbriche di un pittore in casa? Io dipingo, quello è il mio lavoro. Ma non servo a nessuno.

E temo di perdermi, di perdere ciò che fa di me un individuo. Temo tutto quello che non riesco a controllare. L’angoscia e il senso di inadeguatezza invadono l’anima mia nei confronti della società e di fronte alla possente natura: indomabile, imprevedibile e misteriosa.

La osservo. La studio. La dipingo. Per giorni, ore, mesi. Fa paura.

Tra il terrore, la brama del sublime, e il desiderio di riprovare incessantemente quel velato malessere, vago sconsolato in cerca di mare, nebbia e tempeste.

Abbazia nel querceto di Caspar David Friedrich, 1810

2 aprile 1840: Naturalismo

Siamo stufi di presentare in Accademia le ennesime quattro pere su un piedistallo o il ritratto del borghesotto. La realtà comprende sia ciò che è bello, sia ciò che è brutto e chiunque è degno di essere raffigurato: dal clericale al cane del becchino, dai contadini alle prostitute sulla Senna.

Non mi ammetteranno al Salon, mi accuseranno di oscenità, perderò tutto.

Scioccati, i critici e i giornalisti si renderanno conto delle condizioni disumane in cui vive metà popolazione e che comunque, sono persone come loro. Abbasso paraocchi e perbenismo!

Angelus di Millet, 1857

15 aprile 1874: Impressionismo

È sulla bocca di tutti! Quegli anticlassici che dieci anni fa hanno deciso di coalizzarsi contro le istituzioni accademiche, contro la tradizione, hanno inaugurato la loro prima mostra. Sono dei pazzi! Uno ha dipinto 31 quadri identici della Cattedrale di Rouen cambiando solo i colori, catturando il preciso istante, la precisa condizione di luce. Pazzo!

Uno è fissato con l’acqua. Un altro con i bar frequentati dalla giovane Parigi, un altro dalle prostitute e dagli alcolizzati che girano nelle bettole. Per non parlare della tecnica, loro pittura è tirata via, veloce!

Son dei folli, faranno la fame…

Assenzio di Degas, 1873

22 luglio 1890: Post-Impressionismo

Ci sono due modi per osservare il mondo che ci circonda. Il primo è scientifico, troppo razionale per i miei gusti, il secondo è basato sulla propria anima e sensibilità.

Seurat ha scavato a fondo nella tecnica degli impressionisti: se colore deve essere, allora che colore sia! Accosta i colori primari creando una fitta rete di puntini che l’occhio umano raggruppa e percepisce come tinta unita.

Io vago per il mondo in cerca di uno stile di vita puro, lontano dalla triste realtà, dalla frenetica vita delle città dove sono andati persi i veri valori.

È così che sono giunto a Thaiti. Cerco di entrare nello spirito della tribù che mi ha accolto ma noi occidentali siamo troppo diversi, l’unione delle tradizioni è un sogno che non si può avverare. Impazzisco tra le mie domande esistenziali. Chi siamo? Dove andiamo? Da dove veniamo? Astraggo i miei pensieri sulle tele sperando che un giorno qualcuno mi possa capire.

Cristo giallo di Gauguin, 1889

1 gennaio 1900: Simbolismo

Il mondo che mi circonda mi inganna, il famoso velo di Maya nasconde la vera essenza delle cose. La ragione e la scienza non possono dare una spiegazione a tutto! Noi artisti abbracciamo la parte irrazionale della mente dell’uomo, rifiutando la visione positivista, ideologia della classe borghese al potere.

Io non voglio vivere una finzione. Preferisco andare in rovina, rimanendo fermo sui miei valori piuttosto che accettare passivamente la situazione. C’est la vie, e nel frattempo posso fuggire. Evadere con la mia fantasia, con il sogno e l’immaginazione. Perché questa non è la società in cui voglio vivere: la società dove o sei un ricco o un reietto. E preferisco una vita scandalosa ma libera. Mossa dagli impulsi, dai desideri, dai vizi che l’uomo ha creato per estraniarsi dalla triste e corrotta mentalità dei giorni nostri.

Il ciclope di Redon, 1914

Quanto ancora si potrebbe parlare di arte? Di Secessioni, Avanguardie, Moderna, Contemporanea, di arte concettuale.

Quanto ancora si dovrebbe parlare di arte? Quanto ci fa capire dell’uomo? Della sua evoluzione, del suo pensiero, delle sue fissazioni.

C’è una frase che la mia Prof.ssa di storia dell’arte ripete sempre quando affrontiamo un nuovo artista, con la sua arte e il contesto storico-culturale nel quale è vissuto. Ci parla di storie assurde di vari personaggi, di eventi che segnano l’umanità intera, del nascere e diffondersi di nuove ideologie.

Noi la fissiamo e l’ascoltiamo con la stessa meraviglia dei bambini attorno al fuoco che si raccontano le storie di paura. Ogni volta si stupisce della nostra reazione e interrompe il clou della lezione per dirci:

Aò ragazzi, l’arte è propria del suo tempo

Prof.ssa

E adesso capisco che la sua affermazione è ovviamente ovvia. L’uomo di ogni epoca ha i suoi problemi, le sue lotte da portare avanti, la sua visione della vita basata sul proprio vissuto.

E il susseguirsi di correnti artistiche nasce da quel desiderio di cambiamento che ha da sempre determinato la fine di qualcosa che cominciava a stare scomodo e l’inizio di qualcos’altro di più sorprendente.

L’arte è una chiave di lettura, una macchina del tempo che ci permette di entrare in contatto con i grandi del passato: uomini intenti a capirsi e capire il mondo, a interpretare la realtà, la società, le emozioni, con forme e colori.

(Immagine di copertina: Unsplash.com)

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Pratese, illustratrice e aspirante tatuatrice. Frequento il Master di tatuaggio artistico all'Accademia di belle arti di Udine e comunque a cinquant'anni voglio diventare sindaco del mio paesino nella Maremma. Insaziabilmente curiosa di sapere, fare e conoscere, mi piace anche parlare. Multitasking insomma!

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